martedì 7 ottobre 2008

Questa crisi cambierà gli assetti del potere nel mondo

l’Unità 7.10.08
Giorgio Lunghini. Il docente dell’Iuss di Pavia: viviamo l’ultimo atto della caduta dell’economia americana
Questa crisi cambierà gli assetti del potere nel mondo
di Luigina Venturelli

«L’attenzione di tutti è concentrata sul crollo delle Borse, ma questa crisi non è solamente finanziaria: è l’ultimo atto di una crisi reale iniziata tanti anni fa, quella dell’economia americana». Così Giorgio Lunghini, economista di lungo corso dell’Istituto di Studi superiori dell’Università di Pavia, spazza via anche l’ultimo tentativo di circoscrivere la bufera che si sta abbattendo sui mercati mondiali: quello di descriverla come il frutto amaro di titoli derivati e mutui subprime.
Quali saranno le conseguenze di questo tracollo?
«Una risposta definitiva potranno darla solo gli storici tra qualche anno. Sicuramente ci sarà una redistribuzione del potere a livello mondiale tra Stati Uniti, Europa, Russia e il blocco asiatico costituito da Cina e India».
Da ovest verso est?
«Gli Stati Uniti perderanno peso sul fronte del lavoro, della produzione, della finanza e quindi della politica. La crisi dell’economia americana è iniziata molto tempo fa: prima si è manifestata con il crollo della new economy, poi è stata spostata sulla Borsa grazie ad una politica accomodante della Federal Reserve. Quindi, per evitare che scoppiasse, è stata indirizzata da Greenspan verso il mercato immobiliare con la promessa di una casa per tutti, anche per i soggetti non solvibili».
Così si arriva ai subprime.
«A questo percorso si aggiungano le costanti degli ultimi trent’anni di storia economica a stelle e strisce: il deficit strutturale del commercio estero, a lungo compensato con un afflusso di capitali dall’estero che ora si è interrotto; l’elevato debito pubblico, che dipende in gran parte dalle spese militari; l’eccezionale debito privato accumulato dai cittadini americani. Gli Stati Uniti sono un paese oberato dai debiti ed ora si è arrivati alla resa dei conti».
Che cosa succederà, invece, all’Europa?
«L’Europa è in una situazione meno drammatica, ma non è l’isola felice che si credeva solo poche settimane fa. Da un lato la crisi è globale e i costi del crollo Usa si scaricheranno su tutto il capitalismo occidentale. Dall’altro lato l’Unione europea non esiste come federazione, quindi manca delle politiche unitarie di bilancio che servirebbero per arginare la crisi. Dispone solo della leva monetaria, che viene gestita da Trichet in modo prekeynesiano, con l’unico obiettivo di contenere l’inflazione dimenticando la promozione della crescita».
Qualche governo si sta muovendo autonomamente. La Germania, ad esempio, ha garantito con denaro pubblico i depositi dei suoi risparmiatori.
«La prima economia europea cerca di tranquillizzare i suoi cittadini e probabilmente ci riesce. Ma sono preoccupanti le reazioni indispettite degli altri governi. Forse perchè non si sentono in grado di fornire una garanzia analoga ai propri cittadini?».