domenica 12 ottobre 2008

Basterà un pacchetto da 850 miliardi di dollari? I tanti dubbi dei mercati

Basterà un pacchetto da 850 miliardi di dollari? I tanti dubbi dei mercati

Francesco Piccioni
Il Manifesto del 05/10/2008

Sorpresa. Il «piano di salvataggio dei mercati» non ha convinto i mercati. Ingrati... E dire che il Congresso statunitense ha fatto veramente di tutto, al massimo dell'efficienza possibile. Senza ironia: bocciatura di un primo testo alla Camera lunedì, revisione approvata al Senato mercoledì e approvazione definitiva, nuovamente alla Camera, venerdì; a larga maggioranza.
Cosa c'è che non va? Niente, probabilmente. Il voto era dato per scontato, in un certo senso. E chi aveva guidato i listini verso l'alto, nel mentre la Camera votava, ha colto l'attimo per realizzare i guadagni non appena la maggioranza è stata raggiunta. Il dato da spiegare è perché si sia passati da un +3% a un meno 1,5: quasi cinque punti in meno di un'ora e mezza di contrattazioni farebbero parlare, in un altro momento, di tragedia imminente.
Così non è. Ma i problemi sono molto più grandi di quel che gli 850 miliardi di dollari stanziati possono risolvere. Questo è il vero messaggio che Wall Street ha mandato al mondo con la chiusura di venerdì sera (che ha sorpreso anche noi, giustificati solo dal fatto che chiudiamo il giornale quasi un'ora prima del Dow Jones). La domanda è perciò: il «piano» funzionerà o no?
Inutile rispondere con l'ideologia (esempio: Bush che giura - ora! - di «credere nell'intervento del governo solo nei momenti di necessità»). Bisogna fare i conti, ossia soppesare i numeri. Per fa fronte alle voragini apertesi nei bilanci delle banche Usa, quegli 850 miliardi sono una buona massa di manovra (150 andranno però in sgravi fiscali decennali, mirati a settori e aree geografiche, come avveniva solo nelle «leggi finanziarie» della vecchia Dc). Ma paragonati ai 61.000 miliardi di dollari dei credit default swap (una sorta di scommessa che dovrebbe «assicurare» dai fallimenti altrui) sono una goccia nel mare. E lo scopo principale del pacchetto è quello di far acquistare dallo stato usa quei titoli «tossici» che nessuno vuol più comprare.
Ma chi stabilisce cosa comprare e a che prezzo? E' previsto che vengano presi dei broker dalle banche d'affari (ce ne sono molti a spasso, in queste settimane), opportunamente «rieducati» ai fini della salvaguardia del bene pubblico. Il tutto sotto la sorveglianza del ministro del tesoro, Henry Paulson. Non proprio una garanzia, secondo molti osservatori. Per Stephen Shore, della John Hopkins University, «preoccupa che questa scelta si trovi nelle mani di un ex numero uno di Goldman Sachs», come Paulson. Goldman Sachs era fino a qualche giorno fa la regina delle banche di investimento Usa, la prima del mondo; ovvero una capofila della speculazione. Ora è in cerca di qualcuno che se la compri, accettando anche di essere declassata a comune banca commerciale. Di lì proviene del resto - come numero due - anche Mario Draghi, attuale governatore della Banca d'Italia.
Il «pacchetto» è di fatto un regalo grandioso per la speculazione finanziaria; ovvero per le banche che avevano creato un «mercato parallelo del credito», fuori bilancio. In Europa la cancelliera tedesca, Angela Merkel, non ne vuol sentir parlare, sostenendo che «chi ha provocato la crisi deve pagare». Del resto, anche gli analisti Usa - facendo i conti - spiegano che questo «piano» non avrà alcuna utilità per le famiglie strozzate dai mutui. Nei prossimi mesi, è calcolato, circa il 40% di loro (quasi 20 milioni di famiglie) si troverà a fare i conti con un mutuo assurdo rispetto al valore dell'immobile acquistato. C'è già un esempio popolarissimo: la signora Addie Polk, 90 anni, di Akron, Ohio. Ha cercato di suicidarsi con un colpo di pistola, mercoledì scorso. mentre il Senato votava.