domenica 12 ottobre 2008

Il Fondo monetario:«La peste finanziaria costerà 1400 miliardi»

Il Fondo monetario:«La peste finanziaria costerà 1400 miliardi»

Roberto Farneti

Liberazione del 08/10/2008

Costerà almeno 1.400 miliardi di dollari il «terremoto» finanziario «senza precedenti» che sta investendo i mercati di tutto il mondo. L'ultima stima, «significativamente più alta» di quella resa nota ad aprile, è del Fondo monetario internazionale, secondo cui finora sono emerse soltanto il 55% delle perdite potenziali conosciute. Un terremoto che ha costretto gli Stati Uniti, patria del liberismo, a varare un piano da 700 miliardi di dollari per salvare le banche americane, infettate dalla peste dei mutui ad alto rischio. Ieri il presidente americano George W. Bush si è detto disponibile a partecipare ad un summit del G8 dedicato alla crisi finanziaria.
Nel frattempo l'epidemia ha già varcato l'oceano. Dopo la giornata drammatica vissuta lunedì scorso dalle borse europee, con 450 miliardi bruciati nel giro di poche ore, anche il Vecchio Continente ora prova a correre ai ripari. Ieri i 27 ministri delle Finanze europei si sono riuniti a Lussemburgo per esaminare la situazione, ma sulle ricette da adottare si sono divisi. L'idea di istituire un fondo Ue per salvare le banche - sostenuta da Italia, Francia e Olanda - non è passata anche per l'opposizione della Germania. Alla fine i ministri dell'Ecofin hanno dovuto accontentarsi di sottoscrivere «dei principi comuni Ue». Come l'impegno «ad assicurare sostegno a tutti i maggiori gruppi finanziari in caso di difficoltà, onde evitare la possibilità di una crisi generalizzata del sistema». Inoltre è stato raggiunto un accordo per innalzare da 20mila ad almeno 50mila euro la soglia minima di garanzia dei depositi bancari in caso di fallimento di istituti di credito europei. In molti Paesi, però, la soglia sarà di 100mila euro, come è in Italia.
Dall'Ecofin arriva però anche uno stop agli "stipendi d'oro" e alle buonuscite miliardarie. Come annunciato dal ministro delle Finanze francese, Christian Lagarde, il documento finale approvato ieri raccomanda, come principio generale, che il sostegno pubblico dato alle banche a rischio di fallimento sia di natura temporanea e che i governi non sprechino soldi dei contribuenti. «Gli azionisti presenti nel capitale delle banche - dice la nota - dovrebbero sopportare le conseguenze del loro operato e dell'intervento pubblico», con la possibilità per i governi di revocare i vertici della banca. «I fallimenti» dei manager bancari, ha ammonito il ministro delle Finanze olandese, Wouter Bos, non devono essere ricoperti d'oro.
Ieri le borse europee hanno avuto un andamento altalenante. Alla fine Milano ha chiuso cedendo lo 0,91%, ma alcuni titoli, come la Fiat, sono stati sospesi per eccesso di ribasso.
Intanto il Fmi avverte: «Le tensioni che affliggono il sistema finanziario globale dovrebbero tradursi in un ulteriorie rallentamento della crescita mondiale e in un freno alla ripresa». Mentre le imprese invocano un taglio dei tassi d'interesse (lo ha fatto ieri la Confindustria italiana), la Banca centrale europea continua a fare orecchie da mercante. Ieri il presidente della Bce, Jean Claude Trichet, si è limitato a dire che il compito di Francoforte «è di garantire liquidità al sistema» e che la Bce «non può intervenire in caso di problemi di solvibilità». Scuote la testa Paolo Ferrero, segretario del Prc, secondo cui è l'ora di portare la Bce «sotto il controllo del Parlamento europeo».
Chi rischia di essere messo in ginocchio dalla crisi è la piccola Islanda, con i suoi 300mila abitanti. Qui, infatti, il peso del settore finanziario è sette volte più grande del Prodotto interno lordo. Il primo ministro conservatore Geir Haarde ha confessato che il Paese «rischia la bancarotta». Lunedì scorso la corona ha subito una svalutazione del 30%. Per evitare il peggio, il governo islandese ha nazionalizzato il secondo istituto di credito, la Landsbanki, ed ha bussato alla porta della Russia per chiedere un prestito di 4 miliardi di euro.