domenica 12 ottobre 2008

La cura del mercato

La cura del mercato

Felice Piersanti

Il Manifesto del 01/10/2008

Il governo contro la sanità pubblica, per un modello privato che crea diseguaglianza. Ma anche negli Usa dicono basta

Non solo nella scuola e nella giustizia, ma anche nella sanità la politica del governo si va sempre più delineando come controriformista in modo micidiale. In questi giorni, Berlusconi ha dichiarato che per ridurre le spese della sanità bisogna chiudere gli ospedali e utilizzare le cliniche private. Non è un'affermazione estemporanea, ma la sintesi grossolana di una politica che trova il suo impianto teorico nel Libro verde di Sacconi sul futuro modello sociale presentato in estate. «Una virtuosa alleanza tra mercato e solidarietà» è il succo del Libro verde, che significa in pratica ridurre la spesa pubblica e utilizzare ampiamente i cosiddetti fondi sanitari integrativi.
Le categorie professionali che se lo possono permettere, i giornalisti, i medici, gli assicuratori e così via, oltre ai deputati e senatori, si pagano un'assistenza integrativa che elimina le lacune dell'assistenza pubblica: paga i ticket, assicura ricoveri privilegiati, garantisce specialisti qualificati, talvolta assicura l'assistenza dentistica. Questi fondi non sono più considerati accessori limitati del servizio pubblico, ma come futuro modello sociale; è la fine dell'uguaglianza dei cittadini di fronte al diritto alla salute. Uno spaventoso passo indietro, perché reintroduce l'assistenza differenziata in base al censo, e cioè un servizio pubblico fortemente sottofinanziato e quindi limitato per la maggioranza dei cittadini (una sorta di ritorno al medico condotto per i poveri), le mutue integrative per i cittadini privilegiati e l'assistenza soltanto privata per i ricchi. Livia Turco, commentando nell'agosto scorso sul «Sole 24 ore, Sanità » il piano Sacconi e giustamente, ma timidamente criticandolo, ha tuttavia scritto che «il Libro verde ha l'indubbio fascino della novità». Non è vero: il modello proposto non solo è vecchio, perché torna a principi ingiusti e discriminatori, ma si basa su presupposti errati, puramente ideologici. Non tiene conto dell'esperienza storica fallimentare che sta vivendo il sistema sanitario Usa, basato sul privato, sulle assicurazioni e sulla discriminazione in base al censo e che lascia decine di milioni di cittadini assolutamente privi di assistenza. In un seminario tenuto nel maggio scorso, organizzato dal New England Journal of Medicine dal titolo «Una moderna assistenza sanitaria per tutti gli americani», i relatori hanno sottolineato che i cittadini statunitensi sono insoddisfatti del loro sistema, che costa l'enorme cifra di oltre duemila miliardi di dollari l'anno, il doppio pro capite dei più dispendiosi servizi sanitari pubblici europei, e che perfino i cittadini assicurati hanno spesso una copertura assicurativa inadeguata «che li manda in bancarotta se sopraggiunge una malattia grave». In un recente intervento Obama ha affermato che tutti gli americani dovrebbero avere un'assistenza medica di alta qualità, con la prevenzione al primo posto. Certo, non propone un servizio sanitario nazionale, non ci sono ancora le condizioni negli Stati uniti perché questa parola d'ordine possa affermarsi.
Ma propone che oltre agli anziani e ai poveri anche tutti i bambini siano tutelati con un programma nazionale di assistenza e che comunque si proceda verso la copertura sanitaria dell'intera popolazione. L'idea che il privato garantisca una sanità migliore è del tutto scomparsa dal dibattito pubblico americano. Persiste - come pura ideologia - in Berlusconi e Sacconi. E per scendere nel particolare, la sanità del Lazio è oggi al centro dell'attenzione in Italia. La sua insostenibile situazione attuale è il frutto di decenni di amministrazioni della Dc e dei suoi alleati, in primo luogo l'ex Psi, che hanno determinato una pesante situazione debitoria, di cinque anni di giunta Storace che l'ha fortemente aggravata, e della totale incapacità dell'attuale giunta di centro-sinistra di affrontare la situazione con misure di risanamento e di profondo rinnovamento.
La giunta, trascurando la gravità della situazione, ha proseguito sulla via della lottizzazione, anzitutto dei direttori generali, e del mantenimento di una fitta rete di interessi clientelari basati sugli apparati politici. Si trova adesso di fronte a un governo ostile, che è riuscito ad addossarle tutta la responsabilità del dissesto. In queste condizioni, la chiusura dell'ospedale San Giacomo è stata percepita dalla popolazione come una imposizione dall'alto. Il sistema ospedaliero può essere indubbiamente razionalizzato. In Emilia e in Toscana sono stati chiusi centinaia di posti letto di piccoli ospedali, ma senza atti d'imperio, convincendo la popolazione interessata che il contemporaneo ammodernamento tecnologico di altre strutture può migliorare l'assistenza della popolazione pur se si chiudono ospedali piccoli e vecchi, e soprattutto con l'assoluta trasparenza delle decisioni.
La trasparenza è indispensabile soprattutto se, come nel caso del San Giacomo, alla chiusura può accompagnarsi una grande speculazione immobiliare. Se la trasparenza manca e manca la garanzia che il ricavato della vendita serva a migliorare la sanità pubblica romana, resti il vecchio San Giacomo.