domenica 30 dicembre 2012

Tav, quel che Monti non dice

Tav, quel che Monti non dice
Marco Ponti*
“Il Fatto Quotidiano”, 5 dic. 2012

I presidenti Mario Monti e François Hollande, nel vertice francese di due giorni fa, hanno fermamente deciso che la controversa linea Torino-Lione per le merci (non alta velocità, il nome Tav è una delle tante cose inesatte), s’ha da fare e si farà.
Questa dichiarazione è talmente solida, che è stata già fatta un gran numero di volte negli anni passati, senza che sia successo poi molto. Soprattutto in termini di soldi veri allocati. Ma si è deciso di raddoppiare il tunnel autostradale, pare.
Molte perplessità sono legittime. I tempi: Hollande sembra che abbia chiesto di posporre la data di avvio dei lavori veri, già spostata al 2014.
Le ragioni sono una complicata revisione delle priorità dei progetti francesi ma anche severi vincoli di bilancio e crescenti perplessità interne, espresse in modo molto duro dalla Corte dei conti e dai Verdi, parte del suo governo. I lavori iniziati finora dai due versanti della Alpi sono solo tunnel esplorativi poco costosi (nonostante si tenti di affermare cose diverse).
I due governi poi “auspicano” che l’Unione europea paghi il 40 per cento degli 8,5 miliardi di euro che costa l’opera. Cioè 3,5 miliardi. Il ministro dello Sviluppo Corrado Passera ha dichiarato, interrogato in proposito, che “non vuole nemmeno pensare che questi soldi non arrivino”. Ma i Paesi europei sono 27, ognuno con diversi giocattoli tipo Tav, e il bilancio europeo è oggetto di un pesante conflitto mirante a una sua riduzione (ai Paesi anglosassoni non piace che i soldi europei vengano spesi in questo modo, e forse non hanno tutti i torti). Dell’opera poi non è noto alcun piano finanziario degno di questo nome. È noto invece che gli utenti sono così ansiosi di usare la ferrovia, che se devono pagare anche una piccola quota dei costi di investimento, scappano come lepri. Al contrario degli utenti delle autostrade. Ma i treni fanno bene all’ambiente, giusto? Quindi il dettaglio che debbano pagare tutto le casse pubbliche non è considerato un problema.
C’è anche un altro dettaglio che forse Hollande non ha potuto esplicitare: le efficientissime e sussidiatissime ferrovie francesi hanno perso il 40 per cento del loro traffico merci nell’ultimo decennio, la crisi attuale c’entra poco. Non certo un buon auspicio per il traffico prevedibile sulla linea Tav. Il sistema caro ai francesi della cosiddetta “autostrada viaggiante” (camion interi caricati sul treno), una delle motivazioni dell’opera in questione, si è dimostrata non solo un disastro economico, e non era difficile prevederlo, ma con aspetti funzionali problematici.
Vediamo i veri aspetti ambientali del progetto: dovrebbe togliere molti camion dalla strada e spostarli sulla ferrovia. Questo risultato è altamente ipotetico, sia per lo scarso interesse delle imprese a usare il treno, sia perché il traffico totale dei camion su quella direttrice è modesto, e non in crescita. Inoltre i benefici ambientali riguarderanno aree non certo densamente popolate. Le merci che arriveranno in treno a destinazione dovranno poi rispostarsi sui camion e il danno ambientale nelle aree abitate sarà comunque molto più alto. Perché ritenere prioritario questo progetto, rispetto ad accelerare il progresso tecnico sui veicoli? Un camion vecchio inquina dieci volte più di un camion nuovo. E accelerare il rinnovo delle flotte costa molto.
I danni ambientali del nuovo tunnel sono invece certi. Non quelli a valle (il progetto attuale prevede il solo tunnel di base, ed è quindi molto meno impattante del precedente da 23 miliardi). Ma le ricerche recenti, soprattutto svedesi, dimostrano che i cantieri delle opere ferroviarie generano emissioni di gas serra molto superiori a quanto si pensasse. Danni ambientali certi e rilevanti, dunque, a fronte di benefici ambientali dubbi.
Ultima perla: il secondo tunnel autostradale non dovrà fare la concorrenza al treno e perciò avrà tariffe tali da impedire che il traffico aumenti. Dunque servirà pochissimo, se mai riusciranno a mettere in pratica questa stravagante idea. I costi dell’opera, anche grazie alle molte obiezioni tecniche fatte, sono stati parecchio ridotti. Non altrettanto i tempi: almeno dieci anni. Il rischio maggiore, molto realistico date le esperienze italiane precedenti nel settore, è che si incominci a costruirlo, magari sotto elezioni. Poi i soldi finiranno e l'opera si trascinerà per ere geologiche. Senza che ovviamente alcuno risponda dell’ulteriore spreco di denaro pubblico che questo comporterebbe.

* professore di Economia dei trasporti al Politecnico di Milano

lunedì 30 luglio 2012

La Consulta: inammissibile privatizzare l’acqua

La Consulta: inammissibile privatizzare l’acqua
21 LUGLIO 2012, IL TIRRENO

ROMA L’acqua non si tocca, lo dice anche il “giudice delle leggi”. La Corte costituzionale infatti, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 4 della finanziaria-bis 2011 che disponeva la possibilità di privatizzazione dei servizi pubblici da parte degli enti locali. Tra questi, anche i servizi idrici, su il 12 e 13 giugno 2011 c’è stato un referendum. Esultano Vendola (Sel), Di Pietro (Idv), Bonelli (Verdi) e, naturalmente, il Forum dei movimenti per l’acqua pubblica: «La Corte costituzionale restituisce voce ai cittadini italiani e alla democrazia del nostro paese. Con quell’articolo il governo Berlusconi, calpestava il risultato referendario e reintroduceva la privatizzazione dei servizi pubblici locali. Ora, questa sentenza blocca anche tutte le modifiche successive, compresa quelle del governo Monti». Il movimento sottolinea che i giudici richiamano chiaramente il vincolo referendario «infranto con l’articolo 4» e che la legge approvata violava l’articolo 75 della Costituzione. La sentenza, aggiunge il Forum, «ribadisce con forza la volontà popolare espressa con il referendum e rappresenta un monito al governo Monti e a tutti i poteri forti che speculano sui beni comuni. Dopo la straordinaria vittoria referendaria costruita dal basso, oggi è chiarito una volta per tutte che deve essere rispettato quello che hanno scelto 27 milioni di italiani: l’acqua e i servizi pubblici devono essere pubblici».

giovedì 19 aprile 2012

I signori del rating. Conflitti di interesse e relazioni pericolose delle tre agenzie più temute della finanza globale

Paolo Gila, Mario Miscali
I signori del rating. Conflitti di interesse e relazioni pericolose delle tre agenzie più temute della finanza globale
Bollati Borighieri


sul libro:
Standard & Poor's, Moody's e Fitch sono le tre agenzie di rating che sconvolgono i mercati e mettono in crisi gli stati. Si dividono un mercato miliardario e hanno un immenso potere. Chi sono gli azionisti? Come operano? Perché queste "tre sorelle" del rating sono diventate così potenti? Si possono imporre delle regole? Tra gli azionisti di Standard & Poor's e quelli di Moody's si trova il fior fiore dell'industria statunitense dei fondi di investimento. Avviene così che coloro che investono sul mercato sono anche coloro che "giudicano" il mercato. Ma chi controlla i controllori? A queste domande rispondono in modo chiaro e diretto Paolo Gila e Mario Miscali. Questo libro offre in un momento cruciale dell'economia mondiale una panoramica dettagliata delle agenzie di rating, un settore di attività decisivo per le scelte degli investitori. Allo stesso tempo individua le possibili vie per una riforma del settore, basate su parole chiave molto chiare: responsabilità, concorrenza, trasparenza, efficienza, indipendenza.

domenica 22 gennaio 2012

L'imperialismo nell epoca del silicio (1980)

L'imperialismo nell epoca del silicio (1980)

L'imperialismo nell epoca del silicio (1980)