giovedì 26 giugno 2008

Rapporto Covip: il Tfr stravince sui fondi. Si studia la reversibilità

Rapporto Covip: il Tfr stravince sui fondi. Si studia la reversibilità

di Paolo Andruccioli

Il Manifesto del 25/06/2008

Nel 2007 il Tfr è tornato a battere i fondi pensione: 3,1% contro 2,1%. I crolli delle principali borse e in particolare il boomerang dei subprime americani hanno messo in crisi tutti i gestori, che non sono riusciti a stare all'altezza della situazione. Anche laddove sono stati contenuti i costi della gestione finanziaria (nei fondi pensione negoziali per esempio) le performance finali sono state più che deludenti. Anche il bilancio del «referendum» sul Tfr risulta alquanto deludente, visto che solo 70 mila lavoratori, su un totale di oltre 6 milioni di dipendenti hanno deciso di spostare il Tfr nelle casse dei fondi con il sistema del silenzio-assenso. Molto scarsa ancora l'adesione dei giovani sotto i 35 anni e delle lavoratrici, anche se la presenza femminile fa registrare una leggera crescita negli ultimi mesi.
I fondi pensione si continuano a concentrare soprattutto nel nord del paese e nelle grandi imprese, mentre nel pulviscolo delle piccole aziende italiane la previdenza complementare rimane ancora fuori dai cancelli. Completamente assente, invece (fatta eccezione per il fondo della scuola) nel settore pubblico. Sono questi alcuni dei dati principali contenuti nella Relazione annuale della Covip e nelle considerazioni del presidente Luigi Scimia, che questa mattina ha presentato il bilancio della previdenza complementare di fronte al ministro del lavoro e del welfare, Maurizio Sacconi.
«Dopo quattro anni di crescita sostenuta - ha detto Scimia - l'andamento negativo delle principali borse mondiali, iniziato in coincidenza con le note vicende legate alla crisi dei mutui subprime e acuitosi nei primi mesi del 2008, si è purtroppo riflesso nei rendimenti non incoraggianti conseguiti dai fondi. In media i risultati sono stati inferiori alla rivalutazione del Tfr». I dati in possesso della Covip sulle performance finanziarie dei fondi ci dicono così che nel 2007 il rendimento medio aggregato dei fondi pensione negoziali (quelli sindacali, ndr) è stato del 2,1%, metre i fondi pensione aperti sono andati addirittura sotto: meno 0,4%.
Che fare dunque? Tornare a mettere mano alle riforme? Il nuovo governo Berlusconi, rappresentato questa mattina da Sacconi, non sembra affatto intenzionato a tornare indietro. Il ministro del lavoro ha confermato cioè che la strada da battere è sempre quella della previdenza complementare, perché si deve costruire il welfare delle «opportunità e della responsabilità». Ma visto che anche a Sacconi risulta molto chiaro il no dei lavoratori ai fondi pensione e al correlato rischio finanziario che comportano, si fa strada l'idea di un ammorbidimento delle norme. Sacconi ha spiegato che sarebbe utile per esempio lavorare sull'irreversibilità della scelta: oggi infatti dal Tfr si può passare in qualsiasi momento al fondo pensione e non viceversa. Sacconi (anche in una certa dissonanza con alcune recenti dichiazioni di Maroni) si è detto invece contrario a rendere obbligatoria l'adesione ai fondi, cosa che invece a quanto pare sarebbe gradita ad alcuni studiosi della materia, tra cui l'ex ministro Giuliano Amato, uno dei protagonisti delle riforme della previdenza pubblica. La Covip da parte sua si lamenta per l'assenza di risorse destinate all'informazione (ci vorrebbero circa altri 18 milioni, detto Scimia) e pur chiedendo stabilità, visto che le pensioni non possono essere «un cantiere aperto», propone alcuni aggiustamenti, tra cui appunto quelli relativi all'irreversibilità della scelta tra Tfr e fondo pensione e quelli sulla «portabilità» dei contribuiti versati dal datore di lavoro, oltre all'armonizzazione degli aspetti fiscali in particolare sulle detrazioni.
La Cgil è d'accordo sulla reversibilità, ma contraria alla portabilità: «Apprezziamo che il ministro Sacconi abbia ribadito che il sistema si basa sulla scelta individuale mettendo uno stop ad ogni ipotesi di obbligatorietà - spiega la segretaria Morena Piccinini - Riconfermiamo la contrarietà a un allargamento della portabilità del contributo del datore di lavoro oltre gli spazi definiti dalla contrattazione collettiva».