martedì 3 giugno 2008

Cibo, affamati contro affaristi

Cibo, affamati contro affaristi

Il Manifesto del 3 giugno 2008, pag. 3

di Irene Panozzo

Si apre questa mattina a Roma il vertice «di alto livello» della Fao, l’agenzia dell’Onu per l’alimentazione e l’agricoltura, che per tre giorni porterà nella capitale italiana un centinaio di delegazioni in rappresentanza di altrettanti paesi. Tutte impegnate a dibattere un tema che è diventato centrale per moltissimi paesi, e non solo quelli più poveri: la sicurezza alimenta3e e l’impatto che i cambiamenti climatici e il diffondersi degli agrocarburanti hanno su di essa.



Con i prezzi dei prodotti alimentari in vorticosa ascesa, il tema è di un’attualità stringente. E se il presente è già fatto di proteste e scioperi in molti paesi del mondo, in alcuni casi sfociati negli ultimi mesi in vere e proprie sommosse, le previsioni per il futuro sono tutt’altro che rosee. Secondo un rapporto congiunto della Fao e dell’Ocse, pubblicato il 29 maggio, la media dei prezzi dei beni agricoli nei prossimi dieci anni rimarrà ben al di sopra di quella registrata nell’ultimo decennio. A farne per primi le spese saranno i paesi poveri, in particolare quelle persone che, nelle città come nelle campagne, non producono cibo in proprio. Tra aumenti dei prezzi del petrolio, calo delle scorte, speculazioni finanziarie sui fondi di investimento legati ai prodotti agricoli,, cambiamenti climatici e accresciuto utilizzo di terreni per la produzione di agrocarburanti, gli aumenti dei prezzi dei prodotti agricoli continueranno. Particolarmente a rischio, secondo un altro rapporto preparato dalla Fao in occasione del vertice, sono quindi quei paesi che sono allo stesso tempo importatori netti sia di cibo che di prodotti energetici e che già presentano alti livelli di malnutrizione. Tra essi spiccano, l’Eritrea, il Niger, le Comore, Haiti e la Liberia.



E la lista potrebbe continuare.



Ma in che modo, in che percentuale e fino a che punto ognuno di questi elementi influisca sull’aumento dei prezzi -- e quindi quale sia la strada da seguire per uscire dalla crisi - è difficile da stabilire. Fare ordine e sbrigliare una matassa intricata fatta di cause ed effetti non sempre chiari e dimostrati non sarà cosa facile. Basta un’occhiata all’agenda dei lavori del vertice per capire che rispondere alle molte domande che la situazione attuale pone richiederà forse molto più tempo dei tre giorni previsti. Dopo i saluti di rito, che saranno aperti dall’intervento del presidente Napolitano e seguiti dai discorsi di presidenti e premier, oggi pomeriggio sarà la volta dei forum del settore privato e di quello della società civile e delle organizzazioni non governative. Domani, accanto agli interventi dei capi-delegazione, toccherà invece alle tavole rotonde sull’incremento dei prezzi dei beni alimentari, sui cambiamenti climatici e sulla sicurezza ambientale. A cui seguiranno quelle su malattie transfrontalîere, sulla bioenergia e sulla sicurezza energetica, oltre a forum ad hoc per le realtà insulari e per l’Africa.



In molti casi i rappresentanti degli stati o quelli delle agenzie internazionali che interverranno hanno già la loro ricetta da proporre al summit A iniziare dal padrone di casa, il senegalese Jacques Diouf, direttore generale della Fao.-Che ieri, in un’intervista al Financial Times, ha detto che per uscire dalla crisi provocata dai prezzi dei prodotti alimentari bisogna ripartire dall’agricoltura, da orientare innanzitutto alla produzione di cibo. Per farlo, i paesi ricchi dovranno decuplicare gli incentivi diretti in particolare verso il sud del mondo, investendo 19,3 miliardi di euro all’anno per far aumentare i livelli di produzione.



Secondo il presidente brasiliano Lula, invece, è fondamentale eliminare i sussidi ai prodotti agricoli dei paesi industrializzati, ma anche affrontare l’impatto «del petrolio usato nei trasporti». E non è un caso che una tale sollecitazione venga da un paese, il Brasile, che ha da anni scommesso sugli agrocarburanti. Che rimangono un tema controverso: con nullo o scarso impatto sulla determinazione dei prezzi agricoli secondo Fao, Usa e altri attori, condannati come «crimini contro l’umanità» da Jean Ziegler, fino a pochi giorni fa special rapporteur dell’Onu sull’alimentazione.

NOTE

Lettera22