giovedì 17 aprile 2008

Wal Mart, 30 anni di abusi filmati minuto per minuto

Wal Mart, 30 anni di abusi filmati minuto per minuto

di Daniele Zaccaria
Liberazione del 13/04/2008

Un reality ante-litteram lungo trent'anni; migliaia e migliaia di ore di filmati a bassa definizione nel cuore di Wal Mart: riunioni strategiche, seminari di marketing, festini tra capi, capetti e funzionari. Una videoteca sterminata, con tanta materia da romanzo, tanta etnografia aziendale e tanta miseria umana.
«Sono dei documenti impressionanti e per certi versi irresistibili», giurano tutti coloro che hanno osservato alcuni estratti della vita quotidiana nei piani alti del gruppo, in gran parte scambi e conversazioni informali. In uno dei video che più ha suscitato indignazione si vedono due manager che si sbellicano dalle risate commentando la denuncia di un bambino di 12 anni rimasto sfregiato a causa di un flacone di benzina che gli è esploso sul viso per un difetto di fabbricazione: «Ha messo la benzina sul legno e...boom. Sarà stato il fuoco di Dio, ah ah ah».
Era la fine degli anni 70 quando il colosso americano della distribuzione (più di 300 miliardi di dollari di fatturato annuo) contattò la Flagler Production, una piccola casa di produzione del Kansas per commissionare un appalto di sorveglianza video dei suoi dirigenti. I filmati, oltre che al controllo dei dipendenti, servivano anche a scopi celebrativi, come le riprese delle assemblee annuali degli azionisti, eventi pubblicitari e altre kermesse di natura autoreferenziale.
La Flager ha prestato servizio per Wal Mart fino al 2006, quando è stata sostituita da una casa di produzione più ricca per realizzare addirittura una commedia musicale in onore del grande marchio. Una stucchevole prosopopea sul sogno americano, incarnato dall'irresistibile ascesa degli ipermercati dell'Arkansas -lo Stato più povero degli Usa- diventati oggi la più grande impresa del pianeta, le cui vendite rappresentano il 2,5% del prodotto interno lordo statunitense sorpassando di gran lunga quello di nazioni industrializzate come la Svezia. Un cd musicale su cinque, un tubo di dentifricio su quattro, un pannolino su tre sono oggi acquistati negli Usa in un negozio della catena. La quale ha vissuto un'espansione che non sembra avere limiti, dagli Usa al Messico (1991), al Canada (1994), al Brasile e all'Argentina (1995), alla Cina (1996), fino all'approdo nei mercati europei con Germania (1998) e Gran Bretagna (1999).
Dieci giorni dopo la rescissione del contrato, Mike Flagler, fondatore e propietario della società di produzione ha venduto la baracca a due suoi giovani dipendenti, Mary Lyn Villanueva e Gregory Pierce i quali hanno proposto di restituire gli archivi video a Wal Mart per alcuni milioni di dollari di compenso. D'altra parte le casse della Flagler languivano, considerando che i servizi per Wal Mart assorbivano il 90% del suo giro d'affari. Poco lungimirante e molto spocchiosa la replica dei responsabili: «Quei film non interessano proprio a nessuno, li compriamo per 500mila dollari, prendere o lasciare».
Villanueva e Peirce hanno lasciato. Anzi, hanno rilanciato la posta, aprendo al pubblico (al prezzo di pochi dollari) il materiale della videoteca. E calamitando lo sguardo interessato di decine di avvocati dei consumatori e delle associazioni di cittadini che ora promettono impugnare i filmati intentando centinaia di azioni legali contro il colosso. «In quelle immagini c'è tutto quel che volete sapere su Wal Mart e che non avete mai osato chiedere», scriveva in settimana il Wall Street Journal , il primo organo d'informazione Usa che ha dato risalto alla storia. «Il fatto che Flagler metta in vendita a dei terzi dei video che ci riguardano e che noi abbiamo pagato con le nostre tasche è un atto illegale: andremo tutti dal giudice», tuonano i portavoce della Corporation sperando di riuscire a bloccare la diffusione dei filmati.
Non basterebbe un'enciclopedia per compendiare lo squallore gli episodi contenuti nelle circa 15mila cassette che documentano trent'anni di storia dell'impresa. C'è il disprezzo per i consumatori, presi letteralmente per il culo dai manager che ironizzano sulla pessima qualità dei prodotti in vendita sugli scaffali degli ipermercati. O i consueti attacchi ai lavoratori che contattano i sindacati, messi da parte o licenziati sotto suggerimento dei direttori del personale: un dossier, quello delle relazioni sindacali all'interno di Wal Mart, costellato di cause, denunce e multe milionarie inflitte dai tribunali di mezzo mondo al gigante Usa negli ultimi decenni.
Ma c'è anche spazio per la politica-politica; in un estratto del 1991 si vede il vecchio Sam Walton, storico fondatore dell'azienda, che nel corso di un'affollata assemblea di azionisti, chiede un forte applauso per Hillary Clinton: «E' una di noi». Lady Clinton è stata a lungo consigliera di amministrazione nel board di Wal Mart (1986-1992), un ruolo che non ha mancato di provocare roventi polemiche. Come quando ignorò ed evitò scientemente una manifestazione sindacale che si svolgeva all'esterno della sede centrale, partecipando come se niente fosse a un'importante riunione dei soci.
Lo scorso anno, negli ipermercati americani è stata persino messa in vendita una bambola che clebreva la lunga amicizia tra Walton e la famiglia Clinton, una "Hillary doll"; nella confezione campeggiava la seguente frase: «Un giorno una donna sarà presidente degli Stati Uniti». La bambola è stata ritirata ufficialmente per questioni di par condicio, ma si sospetta che la causa fosse un'altra: all'interno del giocattolo, rigorosamente made in China, erano infatti presenti quantità di piombo che eccedevano i limiti di tossicità previsti dalle norme Usa.
Ma i legami a doppio filo con i Clinton non riusciranno a impedire la diffusione pubblica dei filmati della vergogna. Lo sanno bene le teste d'uovo di Wal Mart che, se avessero previsto i risvolti imbarazzanti della vicenda, avrebbero senz'altro coperto di milioni la Flagler production, comprando a prezzo d'oro il loro silenzio. Ormai è troppo tardi per tornare indietro.