lunedì 21 aprile 2008

Affondo di Jean Ziegler contro i biocarburanti: «Crimine contro l'umanità»

Corriere della Sera 21.4.08
Affondo di Jean Ziegler contro i biocarburanti: «Crimine contro l'umanità»
L'inviato Onu: «La crisi del cibo è uno sterminio silenzioso»
E Ban Ki-moon: «A rischio progresso sociale e sicurezza»
di Danilo Taino

Sott'accusa i sussidi Ue: «Così gli agricoltori producono meno per evitare eccedenze e sostenere i prezzi»

BERLINO — La crisi alimentare globale sta diventando un problema politico molto serio in Europa. Ieri, il relatore speciale dell'Onu per il diritto al cibo, Jean Ziegler, ha sostenuto che gli aumenti dei prezzi di grano, mais, riso, soia stanno spingendo verso «un omicidio di massa silenzioso» nei Paesi più poveri. Pochi giorni fa, aveva detto alla radio tedesca che la produzione di biocarburante — che è un obiettivo dell'Unione Europea, ma aliena terreni alla produzione alimentare — è «un crimine contro l'umanità».
L'inviato Onu ci mette molta ideologia nel sostenere l'allarme. Ma la questione è così seria che anche la politica continentale inizia a preoccuparsene. Ieri, il ministro dell'Agricoltura tedesco, Horst Seehofer, ha detto in un'intervista che la Politica agricola comunitaria (Pac) deve essere rovesciata: negli ultimi anni — ha notato - ha spinto gli agricoltori, con il sistema dei sussidi, ad abbandonare 3,8 milioni di ettari di terreno produttivo, per evitare le eccedenze di latte, carne, vino e per sostenere i prezzi. «Abbiamo bisogno di un rinascimento agricolo — ha sostenuto — e di un aumento della produzione in Germania, nella Ue e, soprattutto, nei Paesi in via di sviluppo». Anche Ziegler aveva messo i sussidi della Pac tra i fattori responsabili dell'esplosione dei prezzi, assieme a biocarburanti, aumento dei consumi mondiali e speculazione finanziaria.
Secondo l'Onu, dal gennaio 2007, i prezzi dei prodotti alimentari di base sono aumentati del 55%. Ciò ha portato a rivolte popolari in alcuni Paesi e al blocco delle esportazioni agricole in altri. Le scorte sono a livelli minimi. Fenomeni che non si verificavano da decenni. Ieri lo stesso segretario generale dell'Onu ha lanciato un grido d'allarme: aprendo la Conferenza sul commercio e lo sviluppo ad Accra, in Ghana, Ban Ki-moon ha detto che «se l'attuale crisi non viene affrontata correttamente, potrebbe scatenare una cascata di altri crisi multiple», spiegando che questo si ripercuoterà «sulla crescita economica, il progresso sociale e la stessa sicurezza politica mondiale».
Una decina di giorni fa, l'Agenzia europea per l'Ambiente aveva raccomandato alla Commissione di Bruxelles di sospendere i suoi obiettivi di introduzione del bioetanolo, perché ciò sta già portando in molti Paesi alla distruzione delle foreste per fare spazio alle nuove produzioni. Peter Brabeck-Letmathe, il presidente della Nestlé, ha sostenuto che «assicurare enormi sussidi per la produzione di biocarburanti è moralmente inaccettabile e irresponsabile », e ha aggiunto che se non si cambia direzione «non resterà niente da mangiare».
L'allarme lanciato su un giornale austriaco ieri da Ziegler, che arriva dopo quello molto autorevole della Banca Mondiale la settimana scorsa, è accompagnato da un'analisi discutibile. L'inviato Onu sostiene che la globalizzazione sta «monopolizzando le ricchezze della terra» e che le multinazionali sarebbero responsabili di una «violenza strutturale». «Abbiamo — aggiunge — un gregge di operatori di mercato, di speculatori e di banditi finanziari che sono diventati selvaggi e hanno costruito un mondo di disuguaglianze e orrore: dobbiamo mettere una fine a tutto questo». Diversamente, la gente si ribellerà: «È possibile, proprio come lo è stata la Rivoluzione Francese». Molta ideologia, ma è un fatto che il problema sia uno dei più seri che il mondo debba affrontare oggi. Sia la Politica agricola comunitaria sia la scelta di usare bioetanolo nei carburanti sono strade che la «ricca» Ue ha deciso di seguire nel suo modo di relazionarsi al resto del mondo: per difendere i suoi agricoltori o per difendere l'ambiente. Se però ieri sembravano inadeguate perché non tenevano conto delle esigenze dei Paesi emergenti, oggi appaiono addirittura distruttive degli equilibri internazionali. Questioni non solo europee: gli Usa non sono da meno. Ma, decisamente, anche europee.