giovedì 17 aprile 2008

Prezzi del grano alle stelle torna il fantasma carestia

Prezzi del grano alle stelle torna il fantasma carestia

di Roberto Tesi

Il Manifesto del 11/04/2008

Dopo riso e grano, anche le quotazioni del mais toccano un record storico. Le scorte dei prodotti alimentari sono ai minimi da 25 anni. Milioni di persone non hanno da mangiare

Altro giorno, altro record. Ieri è stato il mais ha toccare un nuovo massimo storico: al Chicago board of trade - la principale borsa merci del mondo - la quotazione del granturco ha toccato i 6,05 dollari al bushel, circa 15 centesimi di euro al chilo. Dall'inizio dell'anno i prezzi sono già aumentati del 30%. Ma non è solo il mais a toccare prezzi mai raggiunti in passato: nelle scorse settimane anche grano, soia e riso (le cui quotazioni sono salite del 40% dall'inizio dell'anno) avevano toccato quotazioni record dopo una crescita costante iniziata oltre un anno fa. L'aumento dei prezzi è anche conseguenza di una diminuzione delle scorte alimentari precipitate ai minimi degli ultimi 25 anni.
L'unica cosa certa è che degli aumenti dei prezzi i beneficiari non sono i produttori, ma è altrettanto certo che a pagare caro sono i consumatori: quelli dei paesi industrializzati e soprattutto quelli dei paesi in via di sviluppo e soprattutto quelli dei paesi nei quali lo sviluppo non è mai iniziato. E più i paesi sono poveri, maggiore è il danno che provocano gli aumenti dei prezzi. E questo perché - perfino gli economisti lo hanno capito da tento tempo - la spesa per l'alimentazione, in rapporto alla spesa totale degli individui, decresce al crescere del reddito. Questo significa che se in Italia si spende in media il 17% per mangiare, nei paesi più poveri la percentuale assorbe quasi tutto il reddito disponibile e in certi paesi (soprattutto dell'Africa) l'aumento si traduce in impossibilità di mangiare. Mentre in Italia ci lamentiamo per aumenti di pane e pasta dell'orine del 15-20 per cento, in altri paesi gli aumenti sono decisamente maggiori e a macchia d'olio la protesta assume la forma di «moti di piazza», purtroppo con contorno di morti. Ma perché questa improvvisa impennata dei prezzi?
Non c'è una sola causa, ma una concomitanza di elementi che stano influenzando i prezzi gettando nella disperazione e nella fame altre decine di milioni di persone. Partiamo dalla causa più immediata: il prezzo del petrolio. L'impennata delle quotazioni dell'oro nero sta spingendo al rialzo i costi di produzione. Un paio di giorni fa la Cia, La Confederazione italiani degli agricoltori, ha diffuso una tabella con i rincari intervenuti tra il febbraio di quest'anno e quello del 2007: il dato più preoccupante è che negli ultimi 12 mesi i concimi sono aumentati del 30,1% e i mangimi del 22,4%. Il costo dei concimi è influenzato dalla quotazione del petrolio, mentre il costo dei mangimi ha origine dagli aumenti dei prodotti agricoli destinati all'alimentazione.
Il boom del prezzo del petrolio ha spinto molti paesi a intensificare l'utilizzo dei biocarburanti e dei motori ibridi con largo uso di alcool estratto dalla canna da zucchero in Brasile. Negli Usa , invece, al posto o in concorso con la benzina, c'è la rincorsa al bioetanolo ricavato dal mais. Un assurdo, reso possibile unicamente dai forti sussidi federali e statali che hanno avuto come unico effetto quello di mantenere abbastanza stabile il prezzo del benzina negli Usa.Da notare che non si tratta quasi mai di produzioni agricole accedenti, ma di enormi raccolti dedicati alla produzione di specifici prodotti (mai o Canna da zucchero) quasi sempre coltivati sottraendo terre agricole a altri prodotti. Anche l'Europa si era appassionata ai biocarburanti. Poi, per fortuna, il 4 aprile è arrivata una buona notizia: il ministro dell'ambiente Sigmar Gabriel ha annunciato la cancellazione del piano sui biocarburanti che prevedeva dal 2009 l'uso generalizzato di benzina con il 10% di bioetanolo. Ma altrove (in Amazzonia) si disbosca per il pascolo e per la soia e le conseguenze (ambientali) le vedremo nei prossimi anni.
Ma la colpa della scarsa offerta non è solo del petrolio: c'è la modifica dei consumi alimentari in Cina con la crescita degli allevamenti che necessitano di mangimi; c'è una gravissima siccità in Australia; c'è la riduzione delle terre destinate all'agricoltura per l'avanzata della industria. Senza contare la modifica delle colture derivante da una modifica del modello di produzione che ha privilegiato l'ortofrutta a danno delle coltivazioni di cereali. Ne parleremo i prossimi giorni.