venerdì 18 aprile 2008

Il biocarburante di Lula affama l’India

Il biocarburante di Lula affama l’India

Il Riformista del 18 aprile 2008, pag. 1

di Sonia Oranges

Sembra la scoperta dell'acqua calda: il mondo, chi più chi meno e anche quello a noi assai prossimo, ha fame. E non l'ha presa bene. Persino nell'India che, insieme alla Cina, è stata l'acceleratore della crescita mondiale. E’ indiana, infatti, l'ultima rivolta del pane (o, meglio, del riso). Ancora sotto controllo e passata sottotraccia anche perché oscurata dalla vicina crisi tibetana. Eppure, nella Nuova Delhi dove 16mila uomini delle forze di sicurezza ieri erano mobilitati per il passaggio della torcia olimpica, in realtà non si parla d'altro. La piazza indiana di queste ultime settimane, più che impegnata contro la repressione in Tibet, è accesa dal caro-prezzi. Anzi, carissimo, visto che l'inflazione ha raggiunto un picco del 7,41%, nell'ultima settimana di marzo, con l'immediata conseguenza che un'ampia fetta della popolazione della più grande democrazia del mondo, semplicemente non può più comprare il cibo. Un indicatore per tutti: negli ultimi due mesi il riso è aumentato del 33%. Cosi, la gente è scesa in piazza a più riprese. Manifestazioni spontanee, per ora, su cui il principale partito d'opposizione del paese (Bharatiya Janata Party) è pronto a mettere il cappello. Il Bjp, insieme con altri partiti minori, ha portato la protesta in parlamento, nel vero senso della parola, urlando al governo di «essere totalmente inutile, non avendo fermato l’inflazione».


Il ministro dell'Economia Palaniappan Chidambaram ha promesso misure idonee a breve: «Non so ancora esattamente quando si riunirà la commissione prezzi, ma appena lo farà certamente verranno presi provvedimenti contro l'inflazione e per il contenimento dei costi». Un po' poco, in effetti, per placare una folla sempre più nervosa. Basti pensare che i dati dell’inflazione hanno registrato il record degli ultimi tre anni, gli aumenti dei generi alimentari sono nettamente maggiori della media di quelli dei prezzi al consumo. E, come ha sottolineato recentemente il premier Manmohan Singh, «un'eccessiva crescita dei prezzi alimentari rende incontrollabile l'inflazione», a maggior ragione nei paesi in via di sviluppo dove proprio i generi alimentari sono il cuore della struttura dei prezzi. Il problema è che l'lndia (come la stragrande maggioranza dei paesi asiatici) si è preoccupata molto più di aiutare servizi e industrie, che di sviluppare politiche che favoriscano l'agricoltura. E ora, come i suoi vicini, di fronte all'impennata dei prezzi dei cereali, ha potuto soltanto proibire l'esportazione dei legumi e del riso non-basmati che dà da mangiare al 65% della popolazione. Tecniche di sopravvivenza lontane anni luce dalla discussione che si consuma dall'altra parte del globo, con il presidente brasiliano Lula da Silva a sponsorizzare (populisticamente) i biocarburanti, contrapposto alle Nazioni Unite (e a parte della Ue) che in quegli stessi biocarburanti vedono la causa primigenia della crisi dei cereali. Crisi che sta mettendo a soqquadro il globo: forse anche l'acqua calda è più complicata di quanta sembra.