giovedì 17 aprile 2008

La Casa Bianca? «Un consiglio delle torture»

La Casa Bianca? «Un consiglio delle torture»

di Tiziana Barrucci

Liberazione del 12/04/2008

Abc denuncia Rice, Cheney, Rumsfeld, Powell, Ashcroft e Tenet

La cupola dell'organizzazione anti terrorista e soprattutto di quella che decideva le torture da infliggere si incontrava quasi alla luce del sole: nelle stanze della Casa Bianca di Washington. Che soldati e agenti statunitensi abbiano torturato in Afghanistan come in Iraq presunti terroristi, è cosa ormai nota e documentata da tempo. Ciò che ancora non sapevamo infatti è che i sei "grandi" della Casa Bianca si riunivano periodicamente nella "White House Situation Room" per impartire direttive in tal senso.
Era la primavera del 2002 quando cominciavano i primi arresti di sospetti militanti o affilliati ad al Qaeda (alcuni in seguito risultati innocenti), e alla Casa Bianca la consigliera per la sicurezza nazionale Condoleezza Rice, assieme al vice presidente Dick Cheney, al segretario alla Difesa Donald Rumsfeld, al segretario di Stato Colin Powell, al ministro della giustizia John Ashcroft (l'ideatore del Patriot Act) e al capo della Cia George Tenet organizzavano riunioni per coordinare i soldati e gli agenti nei loro interrogatori.
E' quanto ha raccontato l'emittente statunitense Abc basandosi su testimonianze di dirigenti proprio della Casa Bianca rilasciate in forma anonima. La cupola dell'amministrazione Usa, riunita in quello che il Washington Post ha definito senza mezzi termini «il consiglio delle torture della Casa Bianca» si occupava di tutti i dettagli relativi alle «tecniche d'interrogatori severi», fornendo virtualmente quelle «coreografie» necessarie, e cioè i vari tipi di tortura da applicare in modo combinato: colpi e percosse, privazione prolungata del sonno, deprivazione sensoriale e infine la famigerata simulazione diannegamento, altrimenti detta «waterboarding».
I servizi segreti americani all'epoca ricevevano innumerevoli richieste da parte dei propri agenti desiderosi di spremere gli interrogati per una formale autorizzazione legale delle torture da mettere in pratica. E i "sei" le fornivano agevolmente, discutendo tra di loro. Al tempo, dice la Casa Bianca, si era convinti che un nuovo attacco da parte di al Qaeda sul territorio americano «fosse imminente», ma di fatto la cupola si è riunita fino al 2004.
I "sei" erano coordinati da Condoleezza Rice che, secondo le fonti dell'emittente televisiva (confermate ieri dall'Associated press), era quella «che non aveva mai ripensamenti». Il più «incerto e timoroso» era invece John Ashcroft, che pur concordando con i colleghi sulle metodologie, si è posto a più riprese il problema di tenere quegli incontri proprio alla Casa Bianca: «perché parliamo di questo proprio qui?» Avrebbe chiesto in diverse occasioni «la storia non ci giudicherà in maniera positiva».
E proprio Ashcroft è l'unico dei "sei" che la Abc non è riuscita a contattare durante la sua inchiesta, mentre i portavoce di Tenet, Rumsfeld e Powell si sono rifiutati di commentare le loro discussioni «private»: il funzionario di Powell ha anche aggiunto che «centinaia di incontri si tenevano in quel periodo», su diversi argomenti e che «non ha la libertà di parlare di discussioni private». Nessun commento neanche sull'operato di Rice e Cheney. Ma l'anno scorso intervistato proprio dalla Abc Tenet aveva spiegato, sempre a proposito delle torture, che interrogare i detenuti in quel modo «ha permesso di salvare molte vite umane. Era un'attività legale secondo l'avvocatura Generale degli Stati Uniti d'America».
Le riunioni iniziarono con la cattura di Abu Zubaydah, considerato uno dei principali leader di al Qaeda in Pakistan. Zubaydah fu portato in una prigione thailandese. «Avevo spiegato che quell'uomo poteva renderci le cose facili oppure molto difficili», ricorda l'agente della Cia John Kiriakou. E poco dopo si decise il piano. Con un documento dell'estate 2002, ritirato nel 2004 e conosciuto come "Golden Shield" la Casa Bianca "copriva" politicamente gli agenti Cia coinvolti negli interrogatori dei presunti terroristi: «Gli atti violenti non sono tortura - dicevano tra l'altro quei fogli - e se ti capita di torturare, non preoccuparti avrai una difesa assicurata».