giovedì 1 maggio 2008

Nelle casette di Suburbia, Los Angeles. «Così la crisi abbatte l'american dream»

Nelle casette di Suburbia, Los Angeles. «Così la crisi abbatte l'american dream»

di Andrea Rocco

Il Manifesto del 26/04/2008

Parla D. J. Waldie, autore di «Holy Land». Gli immobili, le banche e la caduta della middle class

Arriviamo a Lakewood dopo un'ora di guida sulla 710, una freeway urbana ormai completamente strozzata, come quasi tutte quelle di Los Angeles, da un flusso spesso di auto e mezzi pesanti, in un pomeriggio di aprile già bollente. Lakewood, al centro-sud dell'area metropolitana di Los Angeles è il prototipo di «suburbia», costruito nel Dopoguerra per dare casa alle giovani famiglie di reduci e ai dipendenti dell'industria aeronautica, lanciati nel boom economico. Comunità pianificata, costruita a tempo di record, case vendute a ritmi di 30-50 al giorno, nel 1951 in un week-end se ne vendettero 300. Città bianca all'80% fino a vent'anni fa, è oggi un sobborgo etnicamente diverso di quasi 80 mila abitanti. La scritta sul lungo Del Amo Boulevard che dalla freeway porta al municipio, costeggiando le casette unifamiliari e la Shopping Mall, ci avverte che è finita la città di Long Beach e che entriamo a Lakewood: «Benvenuti a Lakewood: I tempi cambiano, i valori no». Potrebbe averla scritta (e forse lo ha fatto davvero) il nostro interlocutore, D.J.Waldie, che ci aspetta in un cubicolo della City Hall di Lakewood dove lavora per il servizio di informazione pubblica, da oltre 30 anni. Ma questo signore gentile e occhialuto non è un semplice travet. E' l'autore del libro-culto su Suburbia (Holy Land, vedi box), collaboratore del Los Angeles Times, New York Times, L.A. Weekly, traduttore di poeti francesi e, cosa ancora più bizzarra, un californiano stanziale, che ha vissuto sempre nella stessa casa, e che non guida l'auto.

Come vive Suburbia l'attuale crisi economica e immobiliare, che sembra colpire le radici stesse del sogno americano?
I primi ad essere colpiti davvero dalla crisi e a perdere la casa sono i neo-proprietari «marginali», spesso immigrati recenti, qualche volta ancora illegali. Su di loro si scaricano due elementi. Il crollo di un sistema che produceva case sulla base di un illusione, quella che chiunque può ottenere un mutuo e che qualunque cosa possa accadere nella loro vita personale o lavorativa, i soldi continueranno ad arrivare. La seconda cosa è che questi neo-proprietari sognavano di poter guardare a se stessi senza vedere la propria situazione reale, i rischi che si stavano assumendo, non erano in grado di valutare le loro vite, in cui gli equilibri finanziari erano precari e appesi a matrimoni in crisi, a qualche problema con la legge, all'esistenza di «demoni privati», l'alcool, la droga. Questi membri della «non-proprio-middle-class» sono in qualche modo simili ma anche diversi dai miei genitori. Anche loro, all'inizio degli anni '50, non avevano grandi risorse economiche, ma erano stati «disciplinati» dalla Grande Depressione, dalla guerra e, soprattutto, entravano in un periodo economico di grande espansione. Oggi quelle virtù o quelle discipline non esistono più e l'economia è in contrazione.

Secondo molti esperti, quello che è successo ai «marginali», che lei descriveva, è destinato ad allargarsi ad altri strati, anche di «vera middle class» con un effetto-domino di cui non si possono prevedere gli esiti...
E' questo il nodo. Ed è la questione più importante per chi come me lavora in istituzioni di governo locale. Ci sono già, qui a Lakewood case, per ora non molte, che sono state riprese dalle banche e ce ne saranno di più in futuro. Ci sono case abbandonate dai proprietari, che se ne sono semplicemente andati per non pagare più le rate del mutuo e sono lì, abbandonate e vuote, a volta bersaglio di vagabondi, luogo di traffici di droga, tutte cose assolutamente inaudite per Lakewood. Ci sarebbe poi da domandarsi perché la maggioranza degli Americani pensa che l'economia stia andando malissimo ma che quella parte dell'economia da cui dipendono loro stessi non sia destinata alla recessione. C'è un ottimismo infondato che porterà ad altri conflitti anche emotivi, perché presto si renderanno conto che la crisi non è solo là fuori da qualche parte, ma anche qui.

E quale è il ruolo dei governi locali in posti come Lakewood, in una situazione del genere?
Ci rendiamo conto della situazione, ma va sottolineato che i governi locali hanno mezzi giuridici e finanziari molto limitati. Non abbiamo proprietà nostre, né mezzi per acquistarne. Il Comune si limita a verificare l'osservanza di alcune regole, chiedere di tagliare i cespugli o di riparare una finestra. Ma non lo facciamo noi, perché si presume che esista un proprietario che si prenderà cura della casa. Peraltro non ci sono case popolari a Lakewood, e ce ne sono in genere poche in tutta la California del Sud.

Su un altro livello sembra che il sogno americano della casa individuale di proprietà in un sobborgo tranquillo come Lakewood sia stato espropriato, che la casa e i modi per comprarla siano diventati l'oggetto e la materia prima di sofisticate operazioni di speculazione finanziaria. Più Wall Street che Main Street, insomma?
Bisogna fare chiarezza. In particolare per il caso di Lakewood, gli impresari immobiliari anche negli anni '50 hanno usato uno schema speculativo. D'altronde costruire molte case velocemente in California è sempre stata una attività condotta ai limiti della legge. Operazioni di questo genere alla fine vengono giudicate solo sulla base del loro successo. Il caso di Lakewood è stato di successo per le ragioni che ho spiegato prima. L'espansione suburbana di Los Angeles, con l'urbanizzazione di terre agricole comprate a poco prezzo negli anni '50 era resa possibile anche dalla politica monetaria del governo federale che ha creato migliaia di posti di lavoro nell'industria del «credito immobiliare». Ma anche allora le cose non erano fatte nel pieno rispetto delle regole, anche allora non si faceva molto caso all'effettiva capacità di ripagare il mutuo. Si trattava di una illusione, di una fantasia condivisa, quella che comunque saresti stato capace di ripagare quel prestito, che naturalmente le banche non tenevano per sé ma «impacchettavano» e rivendevano a Wall Street. Non c'è niente di nuovo in questo e, ripeto, fin dall'inizio della «occupazione americana» della California, l'immobiliare ha sempre portato con sé un certo grado di illusioni, speculazione e forzatura della legge.

Siamo in un anno elettorale. E se la crisi dei mutui sta diventando un issue nella campagna elettorale, sembra che il tema più vasto dell'uso dello spazio urbano, del territorio e dell'interazione sociale, non riesca ad entrare in alcun modo nel discorso politico
Purtroppo è proprio così. Ed è molto diverso da quello che succedeva a fine anni '90- inizio 2000. Nel 2000 il tema dello sviluppo urbano, dell'uso del territorio era un tema importante della campagna presidenziale e Al Gore fece proposte assai interessanti su questi temi. Adesso sembra evaporato dal discorso politico generale e relegato a qualche tavolo di specialisti. Eppure nelle frequenti indagini condotte su questi temi sembra che gli americani siano molto interessati a come si gestisce lo sviluppo, sul quanto e sul dove, ma anche sul «come», sulle questioni proprio di «estetica urbana».

Mi faccia una istantanea di Lakewood, anno di grazia 2008.
E' sempre un posto dove la maggior parte della gente ha un'aspirazione per l'«abbastanza» e non per il «di più». Cerco di stare vicino e di sentire i sottili cambiamenti nella vita della comunità. La gente è certo più ansiosa rispetto a qualche anno fa. E più arrabbiata, e capisco benissimo perché. La maggior parte dei giovani oggi ha posti di lavoro non sindacalizzati e non garantiti, a rischio di essere «esportati» in Cina o Sud America, o in settori dell'economia legati alla volatilità della fiducia dei consumatori. Ci sono molte ragioni di ansietà. D'altro lato il tessuto sociale di Lakewood regge, non è andato in pezzi, non è un luogo di sogni infranti o di possibilità perdute, ma certo quelle possibilità hanno perso un po' del loro splendore. Il tradizionale ottimismo americano era condiviso da queste comunità di lavoratori, l'idea è sempre stata quella che le cose, domani, andranno meglio. Ma forse oggi si inizia a pensare che non andranno affatto meglio.

In un suo recente articolo ha descritto Lakewood come un luogo dove «le narrazioni suburbane sono state per la prima volta oggetto di produzione di massa per le speranze di milioni di persone. Ancora oggi vengono raccontate, ma la gente con le sue ansie e le sue speranze sono di diversi colori ed etnicità...io continuo a vivere qui perché mi interessa vedere che cosa succederà a questi nuovi narratori di storie suburbane».
E' ancora così. Non ho perso questo interesse, anche se non so predirne l'esito. Forse non sarò in grado di comprenderle, queste storie, in parte perché sono raccontate in lingue che non parlo. In parte perché raccontate in «stili» che non conosco. Un po' è per la dura realtà dell'invecchiare ed essere meno in sintonia con ciò che accade. Ma posso dirle che quando riuniamo i residenti di Lakewood, e lo facciamo molto spesso, uno potrebbe pensare che si tratti di gente semplice, non sofisticata, che ragiona per clichés. In realtà è gente di tutte le età, le razze e le religioni e tuttavia hanno un profondo livello di comprensione. Lo stare insieme porta loro molta soddisfazione, sono soddisfatti di vivere in un luogo con un senso di comunità, lo apprezzano e lo difendono in modo sorprendentemente articolato. Non so però che cosa potrebbe accadere se le cose peggiorassero drammaticamente.