martedì 23 settembre 2008

Se il risparmio (anche nostro) paga la tassa occulta Usa

Se il risparmio (anche nostro) paga la tassa occulta Usa

Il Sole 24 Ore del 23 settembre 2008, pag. 1

di Carlo Bastasin

Se sentite puzza di bruciato, avete probabilmente ragione. Una crisi finanziaria infatti è diversa da un incendio, perché i pompieri finanziari, le autorità di governo e di vigilanza, pensano prima di tutto a salvare la casa anziché gli inquilini.



Ogni volta che il sistema finanziario è in difficoltà si pone il problema di intervenire scegliendo tra stabilità e trasparenza. È meglio salvare le banche perché il sistema finanziario regga, oppure è meglio che i rischi siano portati alla luce e che i risparmiatori siano ben informati ed esercitino le loro scelte? La storia delle crisi bancarie è una storia di crisi di fiducia nelle istituzioni e di fuga dei depositanti e il caso Northern Rock ne è stato una testimonianza. La stabilità della casa è quindi importante, ma è plausibile che costi e responsabilità di una gigantesca crisi finanziaria restino oscuri? Si possono nascondere tutte le tossine finanziarie sotto il tappeto dei risparmiatori?



L’amministrazione americana sta spostando i costi sulle future generazioni di contribuenti e sui risparmiatori attuali. Ora chiede che anche i governi degli altri Paesi si facciano carico dei danni prodotti dai "padroni dell’universo" di Wall Street. È forse un primo passo verso il coordinamento internazionale, ma è anche una condivisione dei costi che richiederebbe trasparenza e responsabilità, Il tema della trasparenza è però delicato anche in Europa e in Italia, dove non vengono nemmeno riconosciuti ufficialmente i danni nascosti nel sistema finanziario e dove la struttura istituzionale impedisce che le responsabilità vengano identificate.



Una ricerca della Federal Reserve osserva che due quinti dei titoli asset backed americani sono in mani straniere e in particolare europee. Le obbligazioni di Lehman sono più facili da quantificare, mentre nessuno probabilmente poteva immaginare il volume di polizze di Aig utilizzate dalle banche europee per aggirare i requisiti di capitale. La decisione dell’autorità di vigilanza tedesca di imitare la Sec, nella prevenzione delle vendite al ribasso sui titoli finanziari, è indizio di qualche timore. In fondo la crisi di una delle maggiori banche europee, date le dimensioni, sarebbe ingestibile per un singolo Paese, Germania inclusa.

Molti analisti sospettano che le banche inglesi e spagnole siano le più esposte alla crisi, eppure alcune di esse stanno aggressivamente espandendosi in questi giorni. Chi calcola la leva finanziaria delle banche europee vede che in media esprime un rapporto tra capitale e attività superiore a30, triplo di quello normale e quasi doppio di quello americano. Il problema europeo quindi esiste, ma chi se ne fa carico?



La struttura istituzionale europea non è adatta alla gestione delle crisi. Per garantire il funzionamento del Mercato unico, i trattati dell’Unione europea vietano ai governi nazionali i salvataggi di singole istituzioni finanziarie. Perché sia possibile in Europa intervenire come ha fatto la Fed, sarebbe necessario che esistesse un governo comune o quantomeno un’istituzione a cui ì governi attribuiscano la responsabilità di risolvere le crisi. Inevitabilmente dovrebbe essere un’istituzione dotata di molte risorse finanziarie, che porrebbe il problema della ripartizione dei costi e quindi dell’impegno non solo finanziario ma anche politico dei governi europei. Un’ipotesi minima che gli esperti consigliano è quella di collegare i sistemi nazionali di assicurazione dei depositi. Nel caso italiano si porrebbe tra l’altro il problema del finanziamento di questa assicurazione.



In assenza di un sistema di responsabilità, il contenimento della crisi avviene lasciando che il costo del salvataggio delle istituzioni finanziarie si scarichi diluito nel tempo sulle spalle del contribuente e del risparmiatore. Se questo è straordinariamente evidente negli Stati Uniti, è sufficiente leggere i bilanci bancari europei degli ultimi dodici mesi per vedere come l’attività tradizionale che ha per oggetto la clientela individuale è tornata a essere il motore degli utili. Nei mesi prossimi vedremo le banche recuperare redditività in ogni modo per ricostruire il capitale, come è evidente già ora perfino nel travagliato mercato dei mutui.



La salvezza del sistema finanziario è un bene pubblico e i cittadini forse sarebbero anche disposti a pagare un prezzo per avere stabilità economica e finanziaria. Ma questa crisi rischia di trasformarsi in una tassa occulta sul cittadino. Se proprio non si vuole identificare chi ha causato i danni e condannarne esplicitamente il sistema che lo ha permesso, almeno sarebbe giusto che il costo che ne porteremo come cittadini e risparmiatori diventi trasparente.