lunedì 7 dicembre 2009

Le Alpi come un luna park. Milioni di turisti, sempre più cemento: così cambiano le montagne

Le Alpi come un luna park. Milioni di turisti, sempre più cemento: così cambiano le montagne
Leonardo Bizzarro
la Repubblica, 01-FEB-2006

Un modello da rivedere. "National Geographic Italia", oggi in edicola, dedica un reportage alle Alpi e al difficile innevamento causato, anche, dall'effetto serra
Il circo delle Olimpiadi è imbiancato ma l'industria dello sci minaccia l'ambiente. Il reportage del "National Geographic Italia"
“Ogni stagione innevato artificialmente un quarto dei l00mila ettari di piste”
Il climatologo Mercalli: servono limiti per tutelare questi monti

100.000 a Chamonix sono i turisti al giorno, per 10mila abitanti
12mln i camion ogni anno in transito sulle Alpi
1800 gli impianti. Gli sciatori in un’ora su una seggiovia

TORINO—Fra nove giorni si accende il braciere olimpico e fino a sabato scorso, sulle valli dei Giochi, non era ancora nevicato, dopo la prima imbiancata di novembre. Nessun problema, le gare non hanno bisogno di precipitazioni dal cielo, bastano i cannoni. La neve portata sulle piste della Via Lattea dalla perturbazione del fine settimana, un evento sempre più raro, ha finalmente regalato al panorama un aspetto invernale, in tempo per le settimane bianche. E per le riprese televisive a cinque cerchi.
Ogni stagione viene innevato artificialmente un quarto dei circa centomila ettari di piste delle Alpi. Anche ammettendo che non sia utilizzato alcun additivo chimico—ma non dappertutto è cosi—il manto creato con i cannoni ha caratteristiche diverse rispetto a quello naturale. Più duro per chi scia, dura anche più a lungo, sotto il sole primaverile, con inevitabili effetti su flora e fauna.
L'industria dello sci, e in generale l'afflusso turistico sulle montagne, è solo uno dei problemi con i quali le Alpi sono costrette a venire a patti. Ne scrive Erla Zwingle in un reportage per National Geographic Italia, nato da un lungo viaggio sulle montagne, con le fotografie di Melissa Farlow e Randy Olson: “The Alps from end to end”, la catena da un angolo all'altro, come recitava nel 1895 il titolo del libro più famoso di sir Martin Conway, che ha reso popolare il turismo alpino fra i suoi connazionali.
Altri tempi, allora nessuno immaginava che nella Pitztal austriaca si pensasse di rivestire il ghiacciaio con una coperta di pile, per ridurne lo scioglimento. Il tentativo è dell'Università di Innsbruck, ma a chiederlo sono stati i gestori degli impianti di risalita, terrorizzati da un disgelo sempre più veloce.
Perché le Alpi oggi sono «il più grande parco giochi invernale d'Europa», secondo il National Geographic, e il loro sfruttamento è massiccio. Tutt'altra cosa dal «terreno di gioco» che ci volle vedere, nel suo libro omonimo del 1871, un alpinista vittoriano come Leslie Stephen, padre di Virginia Woolf: era quasi uno scherzo, significava che in montagna si andava per sport, che gli appassionati non dovevano più inventarsi pretesti scientifici, per puntare alle vette.
Adesso no, su quelle stesse cime corrono impianti sferragliami come fossero giostre, scivoli e altalene. Un«gioco» che ormai ha imboccato un circolo vizioso. L'irregolarità delle precipitazioni—se non vogliamo credere a un effetto serra che da sulle montagne il meglio di sé — impedisce di affidarsi all’andamento climatico per dare l'ossigeno necessario all'industria dello sci.
I cannoni per la neve sono necessari, le piccole stazioni che non se li possono permettere sono fallite una dietro l'altra. Ma la neve ha bisogno d'acqua, captata dai torrenti di montagna e quindi sottratta ai pascoli. E costa, 140mila euro a ettaro, nel 2003 l'Austria ha investito 128 milioni per rendere agibili le sue piste.
Una cifra che nella maggior parte dei comprensori gli introiti degli skipass non riescono a coprire. Fino a quando reggerà il sistema? Questo modello di sviluppo dello sci, a giudizio di molti esperti, è alla frutta. Il futuro non è più dei centri di sport invernali che ancora resistono a bassa quota, ma anche quelli ad altitudini più elevata dovranno farci i conti. «In un'epoca di abbondanza energetica — chiosa Luca Mercalli, climatologo ed esperto di glaciologia—in montagna è stato portato il modello della città. Oggi non è più possibile, lassù si dovrà tornare al mondo della sobrietà, com'è sempre stato. Bisogna cominciare a rispettare i limiti ambientali».
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nel disegno, dal nostro archivio:
antica rappresentazione della caccia selvaggia - leggenda delle Alpi