mercoledì 5 ottobre 2011

All’assalto dei “ladri” di Wall Street

il Fatto 4.10.11
All’assalto dei “ladri” di Wall Street
Giovani, in rete, e contro il sistema capitalistico: l’America siamo noi
di Angela Vitaliano

New York. Ne arresti uno e ne spuntano due, questo sembra essere l’effetto finora ottenuto dai circa settecento fermi effettuati dalla polizia di New York nella giornata di sabato, nel tentativo di sgomberare il ponte di Brooklyn. A manifestare, marciando pacificamente, armati solo di parole poco gentili, scritte su cartelli e urlate, nei confronti di “quelli della finanza e della polizia”, erano gli ormai famosi indignados statunitensi, cioè i supporter del movimento Occupy Wall Street. “Noi siamo il 99%” si legge sul loro sito e su tutto il loro materiale di propaganda: il 99% di americani che soffre per una crisi senza fine a fronte di quell’uno per cento di “affaristi” di Wall Street che dettano regole buone solo per loro e per aumentare le proprie ricchezze. Il movimento, costituito in gran parte da giovani e giovanissimi che si ispirano, esplicitamente, alla Primavera Araba, ha cominciato a far parlare di sé da alcune settimane, anche se soprattutto via Twitter e Face-book, per aver occupato pacificamente un’area a ridosso di Wall Street, chiamata Zuccotti Park, dove i dimostranti dormono avvolti in sacchi a pelo e si danno il cambio senza mai lasciare completamente libera la zona.
La prima eco sulla stampa, tuttavia, si è avuta quando, Occupy Wall Street ha deciso di marciare nel pressi del Palazzo di Vetro, nei giorni dell’Assemblea generale, causando una reazione esacerbata della polizia, culminata nell’arresto di un’ottantina di persone. Niente in confronto alle 700 di sabato e, evidentemente, sufficienti solo per catalizzare l’attenzione di molti intorno al movimento e richiamare più supporter da ogni parte del paese.
CHRIS Longenecker, 24, responsabile per la pianificazione dei cortei, a proposito dei fatti di sabato, non esita a parlare di “provocatori” infiltrati in un movimento che è assolutamente pacifico e che non intende fermarsi fino al raggiungimento del proprio obiettivo: smantellare Wall Street o perlomeno le sue logiche. Molti degli “occupanti” non esitano a definirsi “socialisti” o “comunisti” e sottolineano con rigore che non vogliono essere “manipolati” né da democratici né da repubblicani, facce della stessa medaglia .
E se gli indignados, nella città del capitale, dove, però, non è raro vedere, come ovunque, ragazzi con indosso magliette di Che Guevara, si definiscono socialisti, i socialisti non perdono tempo a dargli tutto il loro appoggio, in maniera ufficiale. Molti infatti i gruppi socialisti, comunisti e marxisti che hanno espresso solidarietà e sostegno concreto al movimento. Il Partito socialista Usa, ad esempio, ha annunciato sul proprio sito web che “esprime totale appoggio alla mobilizzazione per occupare Wall Street a New York e in altre città e incoraggia tutte le nostre sedi locali a prendere parte attiva alle azioni”.
Il partito socialista, inoltre, auspica che il movimento contribuisca alla creazione di un “nuovo ordine sociale”. Se i Tea Party, dunque, combattono Obama con ogni arma perché “socialista”, i supporter del movimento Occupy Wall Street fanno esattamente lo stesso ma per la ragione opposta, “il presidente non è abbastanza socialista per smantellare Wall Street”. Il risultato, in periodo che si può già chiamare pre elettorale, è il rischio di una diserzione di massa dalle urne come segno della protesta civile contro il Congresso, nella sua totalità, e le logiche di Washington. A sostenere l’azione del movimento, anche Van Jones, ex consulente per l’ambiente alla Casa Bianca e fondatore, dalla scorsa estate del movimento Rebuild the dream che ha già raccolto numerosissime adesioni attraverso manifestazioni in tutto il paese. “Dopo la primavera araba – ha detto Jones – assisteremo ora all’Autunno statunitense e ottobre sarà solo l’inizio del cambiamento”.