martedì 1 giugno 2010

Le navi della pace verso Gaza. «Israele non può fermarci»

l’Unità 31.5.10
Le navi della pace verso Gaza. «Israele non può fermarci»
Le sei imbarcazioni partite da Cipro, attese oggi davanti alle coste della Striscia
A bordo 10mila tonnellate di aiuti e attivisti di 50 Stati. La Difesa israeliana: li bloccheremo
di Umberto De Giovannangeli

In rotta verso Gaza. Malgrado le minacce. «Freedom Flotilla», il convoglio di 6 navi che vuole rompere l’assedio di Gaza sfidando il blocco delle forze armate israeliane, ha raggiunto ieri le coste libanesi.

«Siamo partiti da Cipro dice Greta Berlin, la portavoce di Free Gaza, uno degli organizzatori poco dopo le 16. La Marina israeliana blocca una zona a circa 20 miglia nautiche dalla costa di Gaza, dove noi contiamo di arrivare nella tarda mattinata o all’inizio del pomeriggio di domani (oggi per chi legge,
ndr)». Le navi trasportano circa 10.000 tonnellate di aiuti, materiali da costruzione, case prefabbricate (100) per chi è rimasto senza tetto dopo l’operazione Piombo Fuso del 2008-2009, medicine e apparecchiature mediche, 500 carrozzelle elettriche, depuratori per l’acqua, impianti fotovoltaici, generatori, materiale per la scuola e altri beni fondamentali per la popolazione della Striscia.
ULTIMO TRATTO
Le autorità politiche e militari dello Stato ebraico hanno ribadito che non permetteranno per nessun motivo l’attracco delle navi a Gaza. Hanin Zuabi, un membro del Parlamento israeliano che si trova a bordo della flotta, ha dichiarato che gli attivi-
sti intendono raggiungere la Striscia indipendentemente dai piani per fermarli. «Se gli israeliani cercano di fermarci, scoppierà un’enorme crisi diplomatica e politica», dice Zuabi. «Abbiamo 50 Stati che partecipano a questo progetto e che stanno lanciando un messaggio molto chiaro ad Israele, cioè che la comunità internazionale non accetta l’assedio a Gaza». «Il messaggio d’Israele è stato chiaro: vi fermeremo. Nessuno può impedirci di farlo», gli fa eco Huwaida Arraf, presidente del Free Gaza Movement . Tuttavia, aggiunge Arraf, «migliaia di persone hanno contribuito a far diventare questa flotta una realtà e la popolazione di Gaza ci sta aspettando».
Fonti del ministero della Difesa a Tel Aviv hanno però fatto sapere che le imbarcazioni della Flotilla saranno in ogni caso dirottate nel porto israeliano di Ashood. Tutti i passeggeri saranno smistati in enormi tendoni, allestiti lungo la costa meridionale, dove verranno identificati e, se necessario, sottoposti a cure mediche. Chiunque rifiuterà questo trattamento, verrà arrestato e condotto nelle carceri israeliane. Gli attivisti rischiano l’arresto, l’espulsione e la confisca del cargo, ripete in serata un portavoce di Tsahal. «Contiamo di raggiungere Gaza, non ci fermiamo e non ci fermeremo se ce lo ordineranno. Non opporremo resistenza fisica, ma ci dovranno speronare», ribatte Audrey Bomse, portavoce della Free Gaza organization. «L’unico scenario che ha qualche senso per gli israeliani è smetterla una volta per tutte di fare i “bulli” del Medio Oriente e lasciarci passare», insiste Greta Berlin. «Trascinare le navi nel porto di Ashdod costituirebbe un clamoroso autogol per il governo israeliano, dal momento che sulle navi sono presenti anche personalità arabe di nazionalità israeliana e attivisti della sinistra israeliana, pronti a smascherare la pirateria dei loro militari non appena venissero costretti a sbarcare nel proprio Paese», osserva Hani al-Masri, analista politico palestinese.
LINEA DURA
La risposta non si fa attendere. Ed è durissima. «Non permetteremo che venga violata la nostra sovranità», avverte il ministro degli Esteri israeliano, Avigdor Lieberman, che annuncia di aver comunicato agli ambasciatori di Turchia, Cipro, Irlanda e Grecia (le navi della Freedom Flotilla battono bandiera di questi Paesi) che l’arrivo a Gaza delle navi, con circa settecento persone di 40 nazionalità a bordo, infrangerebbe le leggi internazionali, poiché Israele «ha emesso delle ordinanze che proibiscono l’entrata di navi a Gaza». «Questi attivisti si definiscono difensori dei diritti umani, ma restano in silenzio quando a essere bersagliati sono i civili israeliani o quando il regime di Hamas a Gaza compie brutalità contro gli oppositori», dice il portavoce del governo israeliano.