l'Unità 1.6.09
Israele sfida Obama: le nostre colonie cresceranno
di Umberto De Giovannangeli
La sfida ad Obama. La guerra fratricida in Cisgiordania. A pochi giorni dall’atteso discorso al Cairo del presidente Usa (il 4 giugno), le notizie che giungono da Israele e dai Territori palestinesi non inducono all’ottimismo. Al governo israeliano Obama aveva chiesto un gesto concreto in favore del dialogo: il blocco della colonizzazione in Cisgiordania. La risposta è una porta chiusa.
«Voglio rendere chiaro che l’attuale governo non accetterà mai alcun congelamento degli insediamenti legali di Giudea e Samaria» (Cisgiordania), tuona più di tutti il ministro dei Trasporti, Yisrael Katz, esponente del Likud (il partito di Netanyahu): definendo «legali» (a differenza degli avamposti) quelle costruzioni autorizzate dai governi israeliani, che la comunità internazionale giudica viceversa illegittime al pari di tutte le colonie realizzate dal 1967 in poi. Katz ritiene in particolare «ingiusta» la richiesta americana di congelare i piani di ampliamento presentati da Israele come una risposta alla «crescita naturale» della popolazione delle colonie (forte già oggi di 280.000 persone solo in Cisgiordania, Gerusalemme est esclusa).
PORTE CHIUSE
D’accordo con lui, fra gli altri, il ministro-rabbino Daniel Hershkowitz, titolare del dicastero della Scienza e rappresentante del Focolare Ebraico (vicino al movimento dei coloni religiosi), il quale ha tacciato di «irragionevolezza» il rifiuto Usa di convenire sull''argomento della «crescita naturale». Accostando Obama niente meno che a un «faraone» reincarnato, deciso a «buttare nel Nilo» il popolo di Mosè.Netanyahu - archiviato ieri il secondo sgombero in pochi giorni di un micro avamposto - si è sentito a sua volta in dovere di precisare al gruppo parlamentare del Likud di non avere alcuna intenzione di «rimuovere comunità» intere. Nello staff del premier - scrive unanime la stampa, da Haaretz a Maariv - non mancano d'altronde inquietudini per la sequenza delle mosse di Obama: intenzionato, secondo indiscrezioni di provenienza britannica, a promuovere in ogni modo una svolta nel negoziato israelo-palestinese, verso la contrastata soluzione dei due Stati, già «entro due anni». Mosse che secondo un funzionario anonimo citato dai media hanno ormai indotto lo stesso Netanyahu a domandarsi se Washington non stia cercando di metterlo in difficoltà di proposito, nella speranza magari di far cadere il suo governo.
SANGUE IN CISGIORDANIA
L’altra notte agenti dell'Anp hanno bussato alla porta di una casa di due piani a Qalqilya (nord della Cisgiordania) per arrestare due attivisti di Hamas. Ma gli agenti vengono accolti con raffiche di armi automatiche che feriscono mortalmente tre poliziotti e costringono gli altri a ritirarsi in attesa di rinforzi. Inizia così una battaglia durata circa sette ore, a conclusione della quale, ieri mattina, sono stati uccisi Mohammed Samman, il più alto ufficiale di Hamas nell'area, il suo vice Moahmmed Yassin e il proprietario della casa. Secondo il portavoce della polizia di al Fatah, Adnan Damiri,gli assediati hanno ignorato ripetute esortazioni ad arrendersi e hanno continuato a far fuoco sulle forze dell'ordine. A suo dire la cellula distrutta aveva il compito di raccogliere informazioni sui servizi di sicurezza palestinesi e sulle loro basi per conto di Hamas al fine di preparare attacchi. «Se vogliamo costruire il nostro Stato dobbiamo fare in modo che vi sia una sola autorità col potere di far rispettare le leggi e di portare armi», sottolinea Nabil Abu Rudeina, portavoce del presidente Abu Mazen. «L’esempio di Hamas a Gaza non si ripeterà» avvertono fonti dell'Anp.
La reazione di Hamas non si fa attendere. L’accusa rivolta all'Anp e al Fatah è di aver «superato ogni linea rossa», ad Abu Mazen di essere colluso con «il nemico sionista». Lo si legge in una nota diffusa a Gaza dal portavoce Fawzi Barhum nella quale si sostiene che in queste condizioni il dialogo interpalestinese «non ha senso». «Ciò che è accaduto oggi a Qalqilya dimostra che la missione principale delle forze di sicurezza dell'Anp è complementare a quella del nemico sionista e mira a colpire la resistenza palestinese», afferma Barhum nella nota. «Vendicheremo i nostri martiri», minacciano le Brigate Ezzedin al Qassam, braccio armato di Hamas. «Romperemo il silenzio ogni volta che si verificheranno violazioni» allo status quo, replica al Fatah, ribaltando su Hamas l’accusa d'aver innescato un nuovo ciclo di violenze e di voler «sabotare il dialogo» interpalestinese promosso in questi mesi tra continui intoppi dall'Egitto.
Israele gela Barack Obama. La colonizzazione in Cisgiordania non si fermerà. Almeno non negli insediamenti «legali». In Cisgiordania è guerra tra al Fatah e Hamas: sei morti in uno scontro a fuoco a Qalqilya.
Israele sfida Obama: le nostre colonie cresceranno
di Umberto De Giovannangeli
La sfida ad Obama. La guerra fratricida in Cisgiordania. A pochi giorni dall’atteso discorso al Cairo del presidente Usa (il 4 giugno), le notizie che giungono da Israele e dai Territori palestinesi non inducono all’ottimismo. Al governo israeliano Obama aveva chiesto un gesto concreto in favore del dialogo: il blocco della colonizzazione in Cisgiordania. La risposta è una porta chiusa.
«Voglio rendere chiaro che l’attuale governo non accetterà mai alcun congelamento degli insediamenti legali di Giudea e Samaria» (Cisgiordania), tuona più di tutti il ministro dei Trasporti, Yisrael Katz, esponente del Likud (il partito di Netanyahu): definendo «legali» (a differenza degli avamposti) quelle costruzioni autorizzate dai governi israeliani, che la comunità internazionale giudica viceversa illegittime al pari di tutte le colonie realizzate dal 1967 in poi. Katz ritiene in particolare «ingiusta» la richiesta americana di congelare i piani di ampliamento presentati da Israele come una risposta alla «crescita naturale» della popolazione delle colonie (forte già oggi di 280.000 persone solo in Cisgiordania, Gerusalemme est esclusa).
PORTE CHIUSE
D’accordo con lui, fra gli altri, il ministro-rabbino Daniel Hershkowitz, titolare del dicastero della Scienza e rappresentante del Focolare Ebraico (vicino al movimento dei coloni religiosi), il quale ha tacciato di «irragionevolezza» il rifiuto Usa di convenire sull''argomento della «crescita naturale». Accostando Obama niente meno che a un «faraone» reincarnato, deciso a «buttare nel Nilo» il popolo di Mosè.Netanyahu - archiviato ieri il secondo sgombero in pochi giorni di un micro avamposto - si è sentito a sua volta in dovere di precisare al gruppo parlamentare del Likud di non avere alcuna intenzione di «rimuovere comunità» intere. Nello staff del premier - scrive unanime la stampa, da Haaretz a Maariv - non mancano d'altronde inquietudini per la sequenza delle mosse di Obama: intenzionato, secondo indiscrezioni di provenienza britannica, a promuovere in ogni modo una svolta nel negoziato israelo-palestinese, verso la contrastata soluzione dei due Stati, già «entro due anni». Mosse che secondo un funzionario anonimo citato dai media hanno ormai indotto lo stesso Netanyahu a domandarsi se Washington non stia cercando di metterlo in difficoltà di proposito, nella speranza magari di far cadere il suo governo.
SANGUE IN CISGIORDANIA
L’altra notte agenti dell'Anp hanno bussato alla porta di una casa di due piani a Qalqilya (nord della Cisgiordania) per arrestare due attivisti di Hamas. Ma gli agenti vengono accolti con raffiche di armi automatiche che feriscono mortalmente tre poliziotti e costringono gli altri a ritirarsi in attesa di rinforzi. Inizia così una battaglia durata circa sette ore, a conclusione della quale, ieri mattina, sono stati uccisi Mohammed Samman, il più alto ufficiale di Hamas nell'area, il suo vice Moahmmed Yassin e il proprietario della casa. Secondo il portavoce della polizia di al Fatah, Adnan Damiri,gli assediati hanno ignorato ripetute esortazioni ad arrendersi e hanno continuato a far fuoco sulle forze dell'ordine. A suo dire la cellula distrutta aveva il compito di raccogliere informazioni sui servizi di sicurezza palestinesi e sulle loro basi per conto di Hamas al fine di preparare attacchi. «Se vogliamo costruire il nostro Stato dobbiamo fare in modo che vi sia una sola autorità col potere di far rispettare le leggi e di portare armi», sottolinea Nabil Abu Rudeina, portavoce del presidente Abu Mazen. «L’esempio di Hamas a Gaza non si ripeterà» avvertono fonti dell'Anp.
La reazione di Hamas non si fa attendere. L’accusa rivolta all'Anp e al Fatah è di aver «superato ogni linea rossa», ad Abu Mazen di essere colluso con «il nemico sionista». Lo si legge in una nota diffusa a Gaza dal portavoce Fawzi Barhum nella quale si sostiene che in queste condizioni il dialogo interpalestinese «non ha senso». «Ciò che è accaduto oggi a Qalqilya dimostra che la missione principale delle forze di sicurezza dell'Anp è complementare a quella del nemico sionista e mira a colpire la resistenza palestinese», afferma Barhum nella nota. «Vendicheremo i nostri martiri», minacciano le Brigate Ezzedin al Qassam, braccio armato di Hamas. «Romperemo il silenzio ogni volta che si verificheranno violazioni» allo status quo, replica al Fatah, ribaltando su Hamas l’accusa d'aver innescato un nuovo ciclo di violenze e di voler «sabotare il dialogo» interpalestinese promosso in questi mesi tra continui intoppi dall'Egitto.
Israele gela Barack Obama. La colonizzazione in Cisgiordania non si fermerà. Almeno non negli insediamenti «legali». In Cisgiordania è guerra tra al Fatah e Hamas: sei morti in uno scontro a fuoco a Qalqilya.