martedì 26 luglio 2011

Il movimento anti-Cadorna. «Nuovi nomi a vie e piazze»

Il movimento anti-Cadorna. «Nuovi nomi a vie e piazze»
Erika Della Casa
Corriere della Sera 18/7/2011

Dal Friuli alla Liguria: parte il revisionismo stradale

Dopo la decisione di Udine richieste anche ai Comuni di Genova, Savona e La Spezia GENOVA — Cosa unisce un commercialista quarantenne di Rapallo e un settantenne scrittore della memoria come Ferdinando Camon, nato in un paesino di montagna del Veneto? Giancarlo Romiti scambia email con lo scrittore su un argomento che li appassiona: il generale Cadorna, comandante supremo dell'esercito italiano nella prima guerra mondiale, sostituito dal generale Diaz dopo la disfatta di Caporetto. La parola d'ordine che corre su Internet è cambiar nome alle vie e alle piazze intitolate al generale che teorizzava, e soprattutto metteva in pratica, gli assalti frontali, protagonista di undici battaglie sull'Isonzo che lasciarono sul terreno una montagna di cadaveri. Macellaio o figlio del suo tempo, generale che mandava al massacro la «truppa» senza volto o militare della vecchia scuola destinata a essere falciata, come gli uomini, dalle nuove mitragliatrici. La polemica infuria sui blog e non solo. Udine, città natale del generale, ha appena deciso: piazza Cadorna non si chiamerà più così, il consiglio comunale ha votato la nuova intitolazione all'Unità d'Italia. Appresa la notizia Romiti ha scritto al Comune di Savona, di Genova e La Spezia chiedendo che le amministrazioni seguano l'esempio di Udine e sfrattino il generale dalla toponomastica cittadina. «La mia — spiega il commercialista — è una passione, mi sono laureato in storia nel 2009 con una tesi sul diario di un soldato della Grande Guerra originario di Novara. Aveva vent'anni ed è tornato a casa. E’ stato fortunato. Centinaia di migliaia hanno trovato la morte a causa degli ordini impartiti da generali come Cadorna. La questione che solleviamo non è legata alla sconfitta del generale, ma alla sua umanità, o meglio alla sua mancanza». Da Savona Romiti ha incassato una tiepida risposta dal portavoce del sindaco: troppo complicato cambiare il nome alle strade, i residenti dovrebbero cambiare i documenti, meglio lasciare le cose come stanno. «Una risposta burocratica a una questione culturale» dice Romiti. A Udine hanno risolto il problema, ha spiegato il sindaco Furio Honsel, svolgendo gratuitamente per i residenti le pratiche necessarie. «La figura di Cadorna è stata sopravvalutata, lo dicono molti storici — ha chiosato il sindaco — meglio ricordare il sacrificio di tanti, dai generali alle reclute, che quello di uno solo». Il fenomeno anti-Cadorna si allarga a macchia d'olio. L'appello di Camon si è esteso a Trieste e a Gorizia, da quest'ultima città è arrivato un no secco: «Finché ci sono io —ha detto il sindaco Ettore Romoli — Cadorna non si tocca. Fa parte della nostra storia». Anche a Cremona c'è chi ha proposto di cambiare il nome a piazza Cadorna per dedicarla a Erminio Favalli, ex calciatore della Cremonese, ma l'obiettivo era ricordare Favalli più che dimenticare Cadorna. A Savona un comitato aveva chiesto di cancellare via Stalingrado (e un altro protesta perché non esiste una via Sandro Pertini). A Milano polemica dopo la proposta di dedicare una strada a Bettino Craxi. A Genova il consiglio comunale ha votato contro l'intitolazione di una strada a Fabrizio Quattrocchi, ucciso dai terroristi in Iraq. E anche la deposizione di un cippo in ricordo di Carlo Giuliani, ucciso durante il G8 di Genova, ha visto favorevoli e contrari.

La scheda
Il generale Luigi Cadorna (Pallanza 1850 - Bordighera 1928) viene avviato alla carriera militare già dall'età di 10 anni. Alla vigilia della prima guerra mondiale è nominato capo di Stato maggiore dell'esercito. Noto per dispotismo e insensibilità nella gestione dei militari, subirà una cocente sconfitta a Caporetto La battaglia Nell'ottobre 1917 le truppe italiane vengono battute pesantemente dalle forze austro-ungariche a Caporetto: Cadorna attribuirà la disfatta alla «viltà» e «codardia» dei soldati italiani «che si sono ignominiosamente arresi al nemico».