giovedì 21 aprile 2011

L’attivista italiano, dichiarato “martire”, è stato trasferito in Egitto

La Stampa 19.04.2011
Arrigoni, funerali di Stato a Gaza
L’attivista italiano, dichiarato “martire”, è stato trasferito in Egitto
Aldo Baquis

Con una cerimonia solenne al valico di Rafah (fra Gaza e l'Egitto) la popolazione della Striscia e i dirigenti dell'esecutivo di Hamas hanno salutato ieri Vittorio Arrigoni, il volontario italiano ucciso venerdì da una cellula di integralisti islamici che con il suo sequestro speravano di liberare un loro dirigente recluso da febbraio in una prigione di Gaza.
Trovatosi in condizioni di difficoltà per l’aperta sfida dei terroristi salafiti, Hamas ha qualificato Arrigoni come «un martire della causa» e ha presentato alla stampa locale come «funerali di Stato» la cerimonia di commiato a Rafah. Nella tarda mattinata il feretro dell’attivista è stato infine issato in spalla da otto uomini di Hamas in alta uniforme ed è uscito dall'ospedale Shifa, avvolto per metà in un vessillo palestinese e per metà in una bandiera italiana. Da ore, sotto il sole, lo attendevano centinaia di amici, sostenitori nonché funzionari ufficiali e rappresentanti di istituzioni locali. Alcuni esponevano immagini di Arrigoni al suo arrivo a Gaza nel 2008 con la flottiglia umanitaria «Free Gaza», mentre altri hanno urlato a gran voce: «Fuori i terroristi da Gaza».
Il corteo funebre, guidato dal viceministro degli Esteri di Hamas Ghazi Hammad, ha lentamente percorso poi i 30 chilometri di tragitto fino al valico di Rafah. La decisione di trasferire la salma via Egitto è stata presa dai familiari della vittima, alla luce della forte animosità che Arrigoni provava verso Israele.
Al valico i dirigenti di Hamas hanno reso ancora una volta omaggio alla figura del volontario, hanno espresso condoglianze alla famiglia e al popolo italiano e hanno assicurato che condurranno una lotta serrata per catturare chiunque abbia partecipato al sequestro e alla uccisione. La salma tornerà in Italia domani, da stabilire la data delle esequie a Bulciago, il paese della famiglia in provincia di Lecco.
Il «ricercato numero uno», conferma adesso la direzione di Hamas, è un jihadista giordano penetrato a Gaza molti mesi fa e da allora attivo nel reclutamento di sostenitori. È lui, secondo gli investigatori, il cervello dell’operazione. Fonti locali aggiungono che questi conosceva personalmente Arrigoni, e che dunque poteva seguirne i movimenti con facilità. Il suo nome è Abdul Rahman al Breizat, noto anche come «il Giordano», o ancora come Muhammed Hisani. Le foto segnaletiche lo mostrano a braccetto con un amico, pure ricercato, e poi anche a bordo di una motocicletta. Sulla sua testa c'è una taglia di entità imprecisata. «Chiunque ci fornirà informazioni sarà ricompensato» ha detto ieri un portavoce del ministero degli Interni. Sempre ieri quel ministero ha pubblicato le foto e i nomi di altri ricercati (Muhammed al Breizat, Billal al Omari, Nimer Salfiti). I servizi segreti di Hamas setacciano a tappeto gli ambienti dei salafiti, e compiono decine di fermi. Di interrogatorio in interrogatorio cresce la sensazione che nel delitto siano implicate forze esterne: integralisti giordani, ad esempio, o anche egiziani che speravano - con la cattura di Arrigoni - di liberare Abu el Walid al Maqdesi, il leader salafita protagonista di una serie di attentati nel Sinai.
Finora sono state arrestate due persone (quattro, secondo altre fonti), direttamente coinvolte nel rapimento. I servizi di sicurezza di Hamas - che pure sono specializzati nel contrabbando di armi dal Sinai verso Gaza - hanno adesso rafforzato i controlli lungo il confine per impedire la fuga dei ricercati nel senso inverso, da Gaza verso il Sinai.