giovedì 2 giugno 2011

Flottiglia per Gaza un anno dopo. Israele tra fuoco e acqua

il Fatto 1.6.11
Flottiglia per Gaza un anno dopo. Israele tra fuoco e acqua
Nuova sfida al governo Netanyahu: nel 2010 la strage in mare
Roberta Zunini

Con l’apertura permanente del valico di Rafah la striscia di Gaza non è più completamente isolata. Fatto irrilevante per i sostenitori della Flottila - di cui il pacifista Vittorio Arrigoni, ucciso a Gaza il 15 aprile, era uno degli animatori più attivi - il convoglio di navi che il 31 maggio dello scorso anno fu assalito dalle forze militari israeliane, mentre cercava di rompere l’assedio marittimo della Striscia. “Per noi non cambia nulla, rifaremo ciò che abbiamo fatto lo scorso anno, solo che questa volta ci sarà anche una nave italiana nel convoglio internazionale - spiega Francesco Giordano del coordinamento Flottilla italiana - che partirà dopo il 20 giugno da un porto italiano. Il fatto che gli egiziani abbiano aperto il confine terrestre di Rafah, non cancella l’ingiustizia perpetrata dallo Stato israeliano che costringe un milione e mezzo di persone a vivere in una prigione a cielo aperto”. Il blitz notturno dello scorso anno, condotto da agenti scelti israeliani, che dopo aver abbordato la nave turca Mavi Marnara, spararono, uccidendo 9 attivisti turchi, provocò reazioni negative anche da parte dei partner storici di Israele e la strategica alleanza tra Turchia e Israele ne uscì a pezzi.
A DISTANZA di un anno, il riavvicinamento è ancora in corso ma l’intransigenza israeliana non aiuta. La Turchia, attraverso il suo ministro degli eEsteri, Ahmet Davutoglu, ha fatto sapere che non potrà fermare le imbarcazioni. Israele ha colto l’occasione di questo tragico anniversario, annunciando che nulla cambia: non verrà tollerato alcun tentativo di varcare il confine marittimo di Gaza, anche se per raggiungerlo, la flottila non entrerà nelle acque nazionali israeliane. Il problema infatti è raggiungere la Striscia, indipendentemente dalla territorialità marittima. Israele sta tentando di bloccare a monte la partenza delle navi, per evitare un nuovo ricorso alla forza. Fiancheggiato su questo terreno dall’amministrazione Usa, il governo di Benyamin Netanyahu sta puntando in prima battuta sulla dissuasione diplomatica: lanciando appelli in ogni direzione affinchè la spedizione non trovi porti da cui prendere il largo. Se tuttavia questa strada non dovesse funzionare (l'iniziativa è gestita da organizzazioni private e gli Stati non sembrano nelle condizioni legali di poterla fermare), la carta della forza non viene esclusa neppure stavolta, anche se con correzioni di tiro rispetto al 2010.
LE AUTORITÀ israeliane temono in particolare l’Ihh: il sodalizio islamico-militante turco. I vertici politici e militari dello Stato ebraico ripetono in ogni modo d’essere decisi a presidiare. Le esercitazioni delle forze speciali della marina, riferiscono i media, sono già in corso.