Il complesso sanitario-industriale
di John B. MeKinlay
Quest’articolo è stato pubblicato su « American Medical News », dell’11 aprile 1977.
John McKinlay insegna sociologia alla Boston University.
(nota: testo ocr non revisionato)
L’assistenza sanitaria probabilmente è divenuta ormai la più gran- de industria degli Stati Uniti. La spesa totale per questo settore nel 1976 è stata di 140 miliardi di dol- lari, ossia l’8,6% del Prodotto lordo nazionale (PNL). Con un costo pro- capito di 638 dollari l’anno, l’americano medio che riesce a rimanere nella forza lavoro attiva lavora or- mai due mesi l’anno per l’industria sanitaria. Mentre negli ultimi due anni il PNL è aumentato del 18%, le spese per l’assistenza sanitaria so- no aumentate del 31% — un ritmo dunque quasi doppio. La spesa pubblica per l’assistenza sanitaria continua ad aumentare (+ 15,6% durante il 1976) e ora ammonta al 42% della spesa sanitaria totale, mentre la spesa privata continua a diminuire e copre circa il 58%. L’assistenza ospedaliera resta la voce più rilevante di spesa, coprendo il 40% del totale. Le spese per cure mediche, per una somma di 26 miliardi, ammontano al 20% del totale. Se continuano i ritmi attuali — e non c’è nessun segno di mutamento — nel 1990, quando è previsto che vi sarà un medico ogni 26 persone, le spese sanitarie supereranno i 200 miliardi!
Per una serie di motivi, l’assistenza sanitaria è divenuta un « boccone ghiotto » per gli affari delle istituzioni predatorie della società americana, finanza e industria comprese. Alcune delle attrattive che esercita sono presenti anche in altri settori dell’economia, ma nel campo dell’assistenza sanitaria si è creato un aggregato particolarmente adatto a ridurre l’incertezza del mercato e a stabilizzare i profitti ad un livello accettabile. Ecco alcuni dei motivi della eccezionale redditività del settore sanitario: a) Esiste un mercato grandissimo ed estremamente ricettivo (tutti sono malati qualche volta e alcuni sono sempre malati). b) I consumatori spesso danno la priorità alle cure sanitarie rispetto ad altri beni di consumo, e la domanda risulta insaziabile. c) L’intervento nel settore sanitario facilita un controllo strategico quasi integrale de! pubblico dei consumatori e d) accresce il controllo sul- l’alta tecnologia e sui lavoratori qualificati, aumentando la competitività di un’impresa, e) E’ un settore in cui lo stato interviene come garante del profitto. E f) consente ad istituzioni, minacciate in altre sfere (come quella dell’ambiente), di proiettare una falsa immagine di generosa benevolenza. Alcune di queste caratteristiche appartengono da tempo al settore sanitario, mentre altre — ed in particolare l’intervento attivo dello stato — sono state incoraggiate più di recente da quegli interessi e quelle istituzioni che trarranno maggiori vantaggi dalla loro presenza.
Alcune grandi società, come la Johnson e Johnson, l’American Home Products, la Becton Dickinson e la Bristol Myers sono presenti da tempo nel settore sanitario ed hanno sperimentato grandi successi. Ma ultimi anni hanno visto l’arrivo di altre società giganti come la Grumman, la Union Carbide, la Grey-hound, la Firestone, l’Atlantic Richfield, la United Aircraft, la Champion Sparkplugs e la 3M — società che il pubblico in genere non associa al settore sanitario. Ed anche se il loro impegno è solo una percentuale minima della loro attività globale, talvolta è superiore a quello di compagnie minori interamente impegnate nella produzione medicinale e sanitaria.
Nonostante la generosità calcolata di queste grandi istituzioni finanziarie ed industriali, esse rimangono soggette ad una condizione basilare: la ricerca del profitto attraverso una incessante espansione. Tutti i loro sforzi sono organizzati, controllati ed indirizzati dalla eterna spinta crescente, connaturata al sistema, a realizzare (se non a massimizzare) un livello accettabile di profitto. Soprattutto a causa dell’inserimento del grande capitale, questa condizione è stata introdotta ed ormai domina nel settore sanitario, trasformando radicalmente quella che sembrava un’industria semi-artigianale in una grande industria transnazionale con miliardi di dollari di investimenti. Nell’attuale sistema l’assistenza sanitaria risulta soggetto alla stessa logica che domina le attività in qualsiasi altra industria. Si può dire che vi siano ormai più analogie che differenze tra la produzione di assistenza sanitaria e di altri beni. Ed è ormai tempo che gli economisti e gli altri osservatori abbandonino la spuria distinzione tra produzione di beni e di servizi nell’ambito del nostro sistema economico.
Voglio riassumere a questo punto i concetti essenziali fin qui esposti.
L’assistenza sanitaria è tra i maggiori settori di affari e vede un intervento della spesa pubblica a suo finanziamento. L’assistenza sanitaria ha delle particolari attrattive presenti solo in alcuni altri settori dell’economia.
Queste caratteristiche hanno attirato negli ultimi anni l’intervento di grandi istituzioni finanziarie ed industriali.
Tali istituzioni hanno piegato il settore sanitario alla stessa « logica» (redditività attraverso l’incessante espansione) che hanno già imposto in altre sfere dell’economia.
Penso che quanto accade oggi nel settore sanitario sia una ripetizione di ciò che è già accaduto in altri settori dell’economia; si può dunque apprendere molto da un’analisi storica degli effetti dell’intervento del grande capitale in tali settori agli inizi del secolo. Ovviamente l’intervento del grande capitale e la logica che impone hanno ramificazioni a tutti i livelli del sistema sanitario. Per esempio, è evidente che ne risulta una subordinazione dello stato e l’incoraggiamento di una legislazione di parte ‘che spesso non corrisponde all’interesse pubblico. I servizi umani forniti vengono formalizzati e sottoposti ad una rigida logica burocratica. Operatori sani- tari prima indipendenti diventano l’equivalente di lavoratori salariati qualificati in una catena di produzione sanitaria frammentata. Si incoraggia il feticismo della malattia attraverso uno sforzo sempre più intenso di aumentare le vendite. In- somma, si ha una netta separazione tra la produzione di assistenza sanitaria per il profitto e la soddisfazione di bisogni sociali liberamente espressi.
I limiti di spazio mi consentono solo una breve esemplificazione di come la presenza del grande capitale stia trasformando l’assistenza sanitaria. Consideriamo la situazione della produzione di automobili. In tempi più lontani, l’automobile era un bene relativamente semplice che soddisfaceva il bisogno di spostar- si liberamente di alcune persone. Nel corso degli anni, e soprattutto! in risposta alle esigenze di profitto, sono stati introdotti nella merce originaria una serie di valori non necessari (che soddisfacevano bisogni indotti) nella forma di rivestimenti di vinile, pneumatici speciali, pannelli di noce, sedili anatomici, ecc., talché siamo di fronte all’assurdo di valori connessi più agli accessori che alle parti necessarie. Per il consumatore medio è addirittura difficile distinguere, di fronte alle vaste campagne pubblicitarie, quali siano gli accessori e quali le parti necessarie dell’automobile. Sono stati aggiunti talmente tanti accessori che l’automobile di oggi ha ben poca somiglianza con quella di una volta. E ovviamente, anche se uno è in grado di distinguere le parti necessarie e gli accessori, non si possono acquistare le prime senza i secondi. Oltretutto, sono impegnati nella lavorazione degli accessori più operai di quanti servano a produrre le parti necessarie — il che significa che si estrae più plus valore dalla produzione degli accessori.
Mi pare che una situazione analoga si stia creando nel campo dell’assistenza sanitaria. Nata come un insieme relativamente semplice di procedure efficaci per soddisfare dei reali bisogni umani, l’assistenza sanitaria si è trasformata in una congerie di valori non necessari, sempre più sofisticata nella misura in cui perde di efficacia. Considero come accessori inutili aggiunti alla medicina le cure chiaramente inefficaci, lo spreco della biotecnologia, le analisi non indispensabili, la chirurgia ritualistica, la sovrautilizzazione degli ospedali, le visite superflue, e così via. Questi sprechi probabilmente superano la parte sicuramente efficace e necessaria della medicina. E’ ormai impossibile per la persona comune distinguere tra cure necessarie e cure superflue, e non c’è da aspettarsi nessuna illuminazione da parte di coloro che sono coinvolti interessatamente nella loro produzione. Ormai non si può avere la parte relativamente semplice eppure efficace della medicina senza essere obbligati ad acquistare i suoi costosi ed inutili accessori. E sempre più numerosi lavoratori qualificati sono coinvolti nel compito socialmente distruttivo di produrre valori aggiuntivi non necessari per la medicina, anziché essere impegnati nella produzione socialmente utile di cure efficaci ed a bassa tecnologia. Abbiamo ormai raggiunto il punto in cui si posso no ricavare maggiori profitti (plus- valore) da un lavoro socialmente sprecato che da un lavoro socialmente utile nel ‘campo della medicina.