lunedì 7 giugno 2010

Viaggio nell’Israele dei pacifisti minacciati dai falchi

l’Unità 7.5.10
Viaggio nell’Israele dei pacifisti minacciati dai falchi
A Tel Aviv più di diecimila in piazza Rabin per dire no al blitz militare e chiedere giustizia per i palestinesi di Gaza. Il leader storico Ury Avnery circondato da un gruppo di ultrà. Sternhell: «È un campanello d’allarme»
di Umberto De GIovannangeli

L'altra Israele scende in piazza in nome della verità e della giustizia. Verità sugli attacchi alla «Freedom Flotilla». Giustizia per la popolazione di Gaza sfiancata da tre anni di embargo. Scende in piazza, l'altra Israele. E lo ha fatto in una piazza dedicata al generale, Yitzhak Rabin, che osò la pace con l'Olp di Yasser Arafat e per questo fu assassinato da un giovane zelota dell'ultradestra ebraica. Alza la testa, l'altra Israele. E per questo subisce l'aggressione dei fanatici di «Eretz Israel». È accaduto l'altra notte, a Tel Aviv. In migliaia, più di diecimila, si erano radunati in Piazza Rabin per protestare contro l'occupazione dei Territori palestinesi e contro il blitz israeliano sulla nave turca Mavi Marmara, mentre era diretta a Gaza con aiuti umanitari . Una bella manifestazione, una delle più significative tra quelle organizzate dal variegato arcipelago della sinistra pacifista israeliana, con una adesione di movimenti disparati, da Gush Shalom (Pace Adesso), fino al partito comunista arabo-ebraico Hadash.
Quella protesta suonava come una provocazione per i gruppi oltranzisti israeliani. Le invettive non bastano più. Occorre passare all'intimidazione fisica. Quei pacifisti vanno trattati come traditori. E i «giustizieri» provano a prendersela con un uomo di 87 anni. Il simbolo di un pacifismo irriducibile: Uri Avnery. I dimostranti di destra, racconta Avnery, hanno cercato di disturbare i comizi e qualcuno ha anche lanciato nella folla un candelotto fumogeno. «Forse quel qualcuno sperava di creare panico, ma la nostra reazione è stata compassata», aggiunge Avnery che si trovava, con la moglie, a due metri di distanza. «Al termine della manifestazione, mentre accompagnato da un paio di amici e da mia moglie attraversavo la centrale via Ibn Gvirol per salire in macchina – denuncia il leader pacifista siamo stati circondati da una decina di persone ben organizzate». «Hanno cercato a forza di impedirmi di entrare nella macchina, mentre ci gridavano: “Andate a Gaza, maniaci». Avnery ha avuto la sensazione che presto sarebbero passati anche alla violenza fisica, ma l'intervento tempestivo della polizia lo ha salvato.
«Quando alla Knesset si grida “vattene a Gaza” ad una parlamentare araba israeliana, quando lo stesso veleno dal Parlamento si sparge nelle piazze, allora vuol dire che qualcosa di molto grave sta avvenendo dentro la società israeliana e nelle sue istituzioni», dice a l'Unità Yossi Sarid, fondatore del Meretz (la sinistra sionista), più volte ministro e oggi editorialista di punta del quotidiano Haaretz.
«La cosa più grave è che questi fanatici trovano coperture e giustificazioni tra le forze che oggi governano il Paese. E sapere di essere protetti li rende ancora più aggressivi e pericolosi», aggiunge Yael Dayan, scrittrice, già deputata laburista, figlia dell'eroe della Guerra dei sei giorni: il generale Moshe Dayan. Il clima è pesante. Chi non si adegua viene tacciato di essere una quinta colonna di Hamas nello Stato ebraico. «Questa caccia al pacifista è un campanello d'allarme per tutti coloro, non importa se di sinistra, centro o destra, in Israele hanno a cuore la democrazia», ci dice Zeev Sternhell, lo storico che per aver denunciato la violenza dei coloni è rimasto vittima di un attentato (25 settembre 2008. In questo quadro, incalza Uri Avnery, «il compito della sinistra israeliana in questa fase è di lottare contro il lavaggio del cervello e la propaganda stolta ispirati dai falchi e i razzisti che siedono al Governo».
Il clima di intolleranza l'abbiamo respirato l'altro giorno ad Ashdod, tra una folla di oltranzisti che ha accolto con fischi, urla, invettive l'ingresso nel porto della «Rachel Carrie», la nave della Freedom Flotilla intercettata dalla Marina militare israeliana mentre tentava di raggiungere Gaza. Un clima da Paese in guerra. E chi si sente in guerra non ammette defezioni né accetta voci contrarie. Nella «hit» dell'odio, il premier turco Recep Tayyip Erdogan ha quasi raggiunto il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad. «I turchi sono esperti di genocidi, basta vedere cosa hanno fatto agli armeni», sentenzia David Wilder, uno dei capi dei coloni ultrà di Hebron (Cisgiordania). «La lista dei Nemici si allunga di giorno in gior-
no. Questa psicosi dell'accerchiamento si sta trasformando in paranoia. E questo non fa ben sperare per il futuro», osserva preoccupato Amram Mitzna, ex segretario generale e “colomba” laburista. Preoccupazioni condivise dal suo compagno di partito e attuale ministro (Affari sociali), Isaac Herzog : «È tempo di sollevare il blocco (di Gaza), ridurre le restrizioni alla popolazione e cercare altre alternative”, ha affermato ieri nel corso della seduta domenicale dell'esecutivo.
L'altra Israele chiede verità sull' attacco alla Mavi Marmara e sostiene la richiesta di una commissione d'inchiesta internazionale. Ma fa i conti con il no del governo. Benjamin Netanyahu ha bocciato la proposta avanzata dal segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, per l'istituzione di una commissione d'inchiesta internazionale sul blitz compiuto dagli incursori della marina israeliana a bordo della Mavi Marmara. A capo della commissione, secondo Ban, sarebbe nominato l'ex premier neozelandese Geoffrey Palmer, e ne farebbero parte anche rappresentanti di Israele, della Turchia e degli Stati Uniti. Aprendo la riunione del Consiglio dei ministri, Netanyahu riferisce di averne parlato direttamente con Ban, al quale ha spiegato che «l'indagine sui fatti dovrà essere svolta in modo responsabile e obiettivo». «Abbiamo bisogno di considerare la questione attentamente, salvaguardando gli interessi di Israele e dell' esercito israeliano», aggiunge il premier che in serata ha riunito il Gabinetto di sicurezza.
Nella seduta di governo, Netanyahu ha detto anche che a bordo della nave turca c'era un gruppo omogeneo, salito a bordo da un porto diverso da quello degli altri passeggeri, senza sottoporsi a ispezioni, ben equipaggiato e «fermamente deciso» a ricorrere ad una violenza organizzata. A dar man forte al premier ci pensa il ministro degli Esteri, Avigdor Lieberman: Israele, afferma Lieberman, è uno Stato sovrano e dunque l'indagine deve essere condotta «con i nostri propri mezzi». E questi mezzi sono stati utilizzati dal Governo israeliano per ordinare in serata l'espulsione in aereo verso l'Irlanda di undici passeggeri della Rachel Corrie. Fra gli espulsi ci sono Mairead Maguire, Premio Nobel per la pace, e Denis Halliday, ex vice segretario generale dell' Onu. In precedenza erano stati espulsi verso la Giordania altri sette passeggeri, di nazionalità malese.